Si deve a questa sua curiosità quasi infantile la prima teoria ottica moderna, come unanimemente oramai acquisito, soprattutto dopo il più che ventennale studio dedicato all’ottica e alla storia della luce da Vasco Ronchi, a cui si deve la sistemazione teorica di questo problema (Storia della visione Bologna 1959), accettata poi sostanzialmente da L. Geymonat in Galileo Galilei ,(Einaudi, Torino) e ripresa magistralmente da Paul K. Feyrabend in Problemi dell’Empirismo (Lampugnani Nigri) per una critica epistemologica dell’esperienza niente affatto scontata di Galilei. Per primo nell’età moderna ne trattò Della Porta nell’edizione del 1589 del Magia naturalis , dopo la chiara ma ancora debole esposizione dell’arabo Alhazen(?-1039), Ruggero Bacone(1214?-1292) e di Francesco Maurolico (1494-1575). Nel libro XVII, dedicato alle ‘magie’ ottiche, Della Porta scrive : “ Le lenti concave fanno vedere chiarissimamente le cose lontane; le lenti convesse quelle vicine; onde potrai usufruire di esse per comodità della vista. Con la lente concava vedi lontano le cose piccole, ma nitide, con quella convessa più grandi le cose vicine, ma confuse; se saprai comporre giustamente le une con le altre, vedrai ingrandite e chiare e le cose lontane e le cose vicine”.
Molti hanno voluto vedere in questo passo celeberrimo quasi la ricetta per costruire il cannocchiale a oculare divergente. E’ possibile invece che qualche occhialaio abbia letto questo brano e abbia costruito un cannocchiale, quello che risulta costruito per la prima volta in Italia nel 1590, l’anno successivo alla pubblicazione del Magia naturalis . Che poi contro Galilei, suo sodale nell’Accademia dei Lincei, ne rivendichi la costruzione è tutta un’altra questione (De telescopio, 1615). Nella imbarazzante diatriba dovette intervenire più volte il matematico e astronomo tedesco G.Keplero, sollecitando Galilei ad un chiarimento, visto che per sua ammissione fino alla data del 1614 il matematico toscano non disponeva di una teoria ottica e tanto meno gli fosse la luce, come campo di indagine fisica, assolutamente chiara.
Tant’è che citando Della Porta e Francesco Maurolico come suoi predecessori, G. Keplero aveva prodotto nel 1604 la sua poderosa e straordinaria enunciazione definitiva del fenomeno della visione nel Ad Vitellionem paralipomena, e definitivamente nel 1611 nell’opera Dioptrice la teoria geometrica delle lenti e del cannocchiale, portando a termine una lunga gestazione inaugurata nel XIII secolo dagli artigiani vetrai italiani e olandesi per la correzione della vista.(vedi raffigurazioni…)
Questo passaggio dal lavoro concreto degli artigiani, a quello teorico, astratto, e ancora poi nella messa appunto di una tecnologia ottica perfetta, è in realtà il vero passaggio a Nord-ovest, della scienza moderna e in particolare della visione. Dove al sapere concreto viene aggiunto un sapere intelligente e creativo, opera sottile della mente umana. Francesco Bacone lo porrà come il vero salto paradigmatico della Rivoluzione scientifica: Sapere è potere, the Knowledge is power.Per quello che riguarda poi il nostro lavoro è il punto di svolta da un paradigma ontologico ad uno fenomenologico che apre il cammino alla moderna e consapevole coscienza della percezione, cioè alla risoluzione dell’antica e aristotelica contrapposizione tra subjectum e objectum della conoscenza, soggetto e oggetto della conoscenza, proprio nel momento in cui l’occhio guarda attraverso uno strumento, una protesi trasparente, il mondo di fronte a lui.Ma per ritornare alla questione sospesa poco sopra, l’attribuzione della invenzione del cannocchiale, parliamo ancora di Galilei.
La situazione in realtà era cambiata radicalmente e violentemente nel 1609 per l’intervento di Galileo Galilei. Egli era allora professore di Meccanica all’Università di Padova e concentrava la sua attenzione sul sistema copernicano. Venne a conoscenza che era stato costruito uno strumento capace di vedere ingrandite e distinte le cose lontane.Egli stesso probabilmente venutone in possesso,si costruì alcuni cannocchiali lavorando le lenti con le sue mani. Come sappiamo non aveva a questo riguardo nessuna idea e progredì nella costruzione per via di aggiustamenti empirici. Come Galileo stesso scrisse in una lettera del 24 agosto 1609 al Doge di Venezia, un cannocchiale cosi fatto era uno strumento di grande giovamento: rivolse il cannocchiale verso il cielo e vi fece scoperte mirabili. Scritte nel 1610 nel Sidereus Nuncius, bellissimo annuncio dei tempi che cambiano radicalmente da un’epoca all’altra.Quasi un ambasciatore delle Stelle.