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Ischia: colonia greca d’Occidente

«Νέστορος [εἰμὶ] εὔποτον ποτήριον
ὃς δ’ ἂν τοῦδε πίησι ποτηρίου αὐτίκα κῆνον
ἵμερος αἱρήσει καλλιστεφάνου Ἀφροδίτης»

«Io sono (εἰμὶ ?) la bella coppa di Nestore,
chi berrà da questa coppa
subito lo prenderà il desiderio di Afrodite dalla bella corona»

L’iscrizione incisa su una delle facce di una kotyle rodia (altezza 10,3 cm, diametro bocca 15,1 cm), databile alla seconda metà dell’VIII sec. a.C. è tra le più antiche testimonianze di scrittura alfabetica greca note fino ad oggi.

Proviene da Pitecusa, la più antica colonia greca in Occidente, di fondazione euboica.

La coppa di Nestore fa parte del corredo di una tomba della necropoli di Pitecusa, sita nell’odierna Valle di San Montano (Lacco Ameno, Isola d’Ischia, NA).

Rinvenuta nell’ottobre del 1954, durante una campagna di scavo della necropoli, condotta da Giorgio Buchner ora è esposta nel Museo Archeologico di Pithecusae a Villa Arbusto (Lacco Ameno, nr. inv. 166788).

Inizialmente può non attirare particolare attenzione perchè è una coppa di piccole dimensioni e non si confonderebbe con gli altri oggetti del museo se non per la iscrizione in versi ancora leggibile su un lato.

In realtà si tratta di una delle più antiche testimonianze scrittura in lingua greca.

Nella prima metà dell’VIII secolo, proprio nel momento in cui Omero scelse di raccontare dell’ira di Achille e di Ulisse mettendo insieme le saghe dei grandi eroi raccontate per secoli dagli Aedi nell’Iliade e l’Odissea così come le conosciamo oggi.

La coppa fu rinvenuta in circa cinquanta frammenti poi ricomposti e faceva parte del ricco corredo funebre appartenente alla tomba di un fanciullo di appena dieci anni.

Inciso su di un lato in alfabeto eubolico, scritto da destra verso sinistra, come nella consuetudine fenicia, si trova un epigramma formato da tre versi che alludono alla famosa coppa descritta nell’Iliade di Omero: “Nèstoros eimì potèrion os d’an toude pìesi potèriu autikà kènon ìmeros airèsei kallistefànu Afrodìtes”, ovvero “Io sono la bella coppa di Nestore, chi berrà da questa coppa subito lo prenderà il desiderio di Afrodite dalla bella corona”.

L’iscrizione fa riferimento a quanto descritto nell’XI libro dell’Iliade dovein cui si narra della leggendaria coppa dell’eroe acheo Nestore tanto grande che occorrevano quattro persone per spostarla.

Questa iscrizione testimonia la fitta rete di relazioni commerciali che i coloni di Pithekoussai svilupparono con tutti i porti del Mediterraneo, anche i più orientali.

Il British Museum di Londra ha organizzato una mostra sul tema – Troia: realtà e mito – che dal 21 novembre 2019 al 9 marzo 2020 scorso ha attirando visitatori da tutto il mondo.

Oltre 300 i reperti in esposizione,ma la Coppa di Nestore. è stato uno degli elementi centrali della mostra che ha fuso archeologia, letteratura, suggestioni artistiche, dal mondo antico ai giorni nostri, presso la Sainsbury Gallery del British Museum. 

Museo Villa Arbusto

Villa Arbusto, così detta dal toponimo della località documentato fin dal ‘600. La masseria dell’Arbusto fu acquistata nel 1785 da Don Carlo Aquaviva, Duca di Atri, di antica famiglia nobile abruzzese, che vi costruì un Casino di campagna.

Divenuta nel 1952 residenza estiva di Angelo Rizzoli, è stata acquistata dal Comune di Lacco Ameno ed ospita il Museo Archeologico di Pithecusae; vi è conservato, tra l’altro la Coppa di Nestore, su cui è inciso un epigramma di tre versi in alfabeto euboico.

La valle di San Montano

La valle di San Montano è stata utilizzata come luogo di sepoltura per circa un millennio, dalla metà dell’VIII secolo a.C. al III secolo d.C.

Le tombe si sovrappongono consentendo di seguire le usanze funebri dei vari periodi dell’insediamento. La maggior parte delle sepolture è databile, alla metà dell’VIII secolo a.C. e testimoniano il fatto che durante tutto questo periodo le usanze funebri delle comunità locali non hanno subito grandi mutamenti.

La campagna di scavo condotta da Giorgio Buchner nel 1977 ha permesso di accertare che le tombe più antiche si trovano nel tratto della valle più lontano dall’acropoli.

Sono stati ritrovati vari oggetti nelle sepolture: ornamenti personali, e particolarmente, fibule e fermatrecce usati sia per adulti che per fanciulli e bambini di tutte le età fino a infanti piccolissimi.

È attestato anche l’uso di amuleti esotici quali sigilli scarabei (Ridgway).
Piuttosto rari gli strumenti da lavoro tranne un caso singolare: in una tomba ad inumazione un uomo dell’età di circa venti anni (secondo l’esame dei denti) conteneva oltre a un coltello di ferro un’ascia a cannone, tre scalpelli, due punteruoli, una lama e una lunga asta di ferro, probabilmente gli attrezzi di un carpentiere.

Altre otto tombe contengono coltelli di ferro più o meno grandi, per lo più si tratta di tombe maschili.

Nella tomba di una giovanetta è stato rinvenuto un piccolo coltello, insieme a un ago da cucire di bronzo mentre in altre sepolture sono state trovate fusaiole (o fuseruole, si tratta di piccoli dischi di vario diametro e di diversa materia, ma per lo più di terracotta, muniti di un foro, piuttosto largo, nel mezzo di impasto) e una fusaiola di faïence (un impasto di terra, più o meno argillosa, ricoperto di smalto) di tipo egizio.

Per quanto riguarda la ceramica sono state ritrovate oinochoe integre e non bruciate che spesso si trovano deposte negli avanzi del rogo, probabilmente servivano per un’ultima libazione.

Moltissime tombe contengono una oinochoe e un kotyle (la nostra Coppa di Nestore è un esempio), skyphos, kantharos – talvolta anche in più esemplari. (Vedi definizioni in fondo all’articolo).

Da Tremblements de terre, éruptions volcaniques et vie des hommes dans la Campanie antique. G. Buchner, C. Gialanella.
Da Tremblements de terre, éruptions volcaniques et vie des hommes dans la Campanie antique. G. Buchner, C. Gialanella.
Da Tremblements de terre, éruptions volcaniques et vie des hommes dans la Campanie antique. G. Buchner, C. Gialanella.

Evidentemente doveva esserci una credenza diffusa per cui il defunto avesse bisogno di bere nella sua esistenza dopo la morte.

Non si conosce il contenuto di queste brocche si sa solo che spesso si trovavano ancora ritte nella tomba, e quelle oblique o giacenti potrebbero essere cadute in un secondo momento.

Breve storia dell’isola di Ischia

Ischia è un’isola di origine vulcanica e proprio la sua natura ha fatto nascere in antico il mito che la collega al greco Tifeo, il mitico gigante ribelle condannato da Giove ad essere sepolto sotto l’isola di Pithecusae (Pithekoussai in greco) che erutta fiamme ed acque calde e quando si muove provoca i terremoti.

La storia del popolamento dell’isola per i periodi preistorici è troppo lacunosa e non permette di comprendere in quale misura i fenomeni vulcanici abbiano influito sugli abitanti.

I ritrovamenti di materiali di Età Neolitica sono sporadici ed isolati.

Insediamenti antichi

  • Collina Castiglione
  • Baia di San Montano (Collina di Monte Vico e Collina di Mazzola)
  • Punta Chiarito
  • Sorgente Nitrodi
  • Località Cilento
  • Cartaromana (città sommersa)
  • Castello Aragonese
  • LOCALITA’ CILENTO E LOCALITA’ SAN MICHELE (3500 ca. a.C.)
    Sotto uno strato di cenere vulcanica, sono state trovate tracce del più antico insediamento umano di Ischia. Riferibile al neolitico.

    Sono stati trovati frammenti di vasi, frammenti di macine da frumento lavorate in forma piana su una sola faccia, alcuni raschiatoi tratti da schegge di pietra di selce e di altre pietre dure, pesi in terracotta per le reti da pesca, ed altri oggetti.

    Da Tremblements de terre, éruptions volcaniques et vie des hommes dans la Campanie antique. G. Buchner, C. Gialanella.
    Da Tremblements de terre, éruptions volcaniques et vie des hommes dans la Campanie antique. G. Buchner, C. Gialanella.
    Da Tremblements de terre, éruptions volcaniques et vie des hommes dans la Campanie antique. G. Buchner, C. Gialanella.

    LA COLLINA DEL CASTIGLIONE (1400-1300 a.C.)
    Sulla collina del Castiglione a Casamicciola d’Ischia si riscontra la presenza di un insediamento umano, quale quello posto in luce negli anni 1936-37 dai saggi di scavoche G.Buchner effettuò sulla collina, che purtroppo hanno avuto un’estensione limitata,.

    Questi saggi hanno consentito il recupero di ingenti scarichi di materiale ceramico inquadrabile nella fase più evoluta del Bronzo medio, cioè la facies appenninica propriamente detta (1400 a.C. circa).

    nsieme alla cenere dei focolari ed i rifiuti dei pasti, è stato recuperato numeroso materiale ceramico (scodelle e tazze del tipo con profilo carenato ed anse verticali a profilo concavo o a margini rilevati con foro triangolare o raramente rotondo) e ceramica incisa.

    Empori greci nel mediterraneo

    La fondazione delle città-stato coloniali greche in Sicilia, Campania e nel resto d’Italia ebbe come premessa la frequentazione dei mari Ionio e Tirreno di navigatori e commercianti provenienti dalla Grecia e dalle coste dell’Asia Minore durata diversi secoli.

    Infatti, certamente intorno al 2700 a.C., quando a Creta si formarono i centri «ur­bani» intorno ai palazzi «minoici», partì l’esplorazione del Mediterraneo occidentale per cercare materie prime, schiavi e nuovi mercati.

    Nelle località marittime dove era facile approdare oppure erano vicine a centri urbani i greci fondarono diversi “Empori” (dal greco antico empòrion; plurale empòria) adibiti allo scarico, al deposito e alla vendita di merci.

    Gli empòria nel tempo diventarono veri e propri punti di contatto tra culture lontane.

    Alcuni esempi:

    • L’emporio meglio conosciuto dell’antichità classica è quello che sorgeva presso il Pireo, il porto di Atene. 
    • Naucratis. In passato questa città egiziana fece da “ponte” tra la civiltà Greca e quella Egizia.
    • Thapsos. Fino al XIII secolo a.C. dovette essere un emporio miceneo e cipriota in Sicilia.
    • Gela. La città che tra il VI e il V secolo a.C. era tra le più importanti del mondo greco era dotata di un fiorente emporio distrutto in passato.
    • Agrigento. L’Emporio siceliota di Akragas fu costruito alla foce del fiume Akragas nel VII secolo a.C.
    • Empúries (in latino Emporiae). Fondata dai Focesi di Massalia nella prima metà del VI secolo a.C. sul golfo di Roses, in Catalogna.

    Le isole del golfo napoletano per la loro posizione e per le condizioni climatiche ed ambientali divennero per traffi­canti e artigiani provenienti in particolare dall’Eubea preziose sedi emporiche.

    La prima sede fu Pithecussa (Ischia), poi seguirono Pròcida e l’attigua Vivara, l’isoletta Megarís (a Napoli dove si trova il Castel dell’Ovo).

    A Megaris i Rodíi, grandi navigatori, misero pro­babilmente un loro emporio, che velocemente si dilatò sulla terraferma un abitato a cui fu dato il nome di una Sirena, Parthenope, della quale anche i Neapolitani ve­neravano il sepolcro.

    Definizioni:

    Oinochoe (οἰνοχόη, oenochoë) Termine greco usato per designare una specie di vasi. Secondo l’etimologia, tali vasi avrebbero dovuto contenere il vino, ma è verosimile che, nonostante l’etimologia, più largo fosse il loro uso, e che il nome non fosse stato riserbato a un tipo solo. 

    Kotyle (plurale kotylai – dal greco κοτύλη) Designava una coppa di forma generica.

    Skyphos  (in greco: σκύφος, skyphos, plurale skyphoi) Tipo di vaso greco, una profonda coppa per bere con due piccole anse, solitamente orizzontali, impostate appena sotto l’orlo; il piede è basso o del tutto assente.

    Kantharos (plurale kantharoi) Contenitore per la consumazione di liquidi, caratterizzato da una vasca piuttosto profonda e da due anse impostate verticalmente in genere sopraelevate rispetto all’orlo, spesso associato al vino e a Dioniso, di cui è uno degli attributi.

    Bibliografia

    G. BUCHNER C. GIALANELLA, Guida al museo di Ischia, Napoli 1995.
    G. CASTAGNA, Scavi e Museo Santa Restituta in Lacco Ameno, 1988.
    E. MANCINI, Flegree, isole dei verdi vulcani, Milano 1980.
    P. MONTI, Ischia, archeologia e storia, Napoli 1980.
    D.RIDGWAY, L’alba della Magna Grecia, Longanesi, 1984.

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    Immagine di copertina: licensed under the Creative Commons Attribution 2.0 Generic.

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Anna Abbate
Archeologa, consulente informatica e web design freelance. Nata a Napoli, si occupa dal 1971 di Information Tecnology dopo essersi formata alla IBM come Analista Programmatore. Dopo una vita vissuta nel futuro ha conseguito la Laurea Magistrale in Archeologia presso l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa”. Divide il suo tempo tra la passione per l’informatica e la ricerca storica. Con alcuni amici archeologi ed antropologi ha fondato nel 2011 il “Gruppo Archeologico Kyme”, associazione di promozione sociale, della quale attualmente è presidente, organizzando giornate di valorizzazione e promozione del patrimonio storico-archeologico e delle tradizioni dedicate soprattutto alle scuole. Si occupa, in particolare di Napoli e del territorio flegreo. Ha pubblicato i libri "Da Apicio... a Scapece (Valtrend Editore, 2017), "Biancomangiare... il Medioevo in tavola" (Valtrend Editore, 2018).

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