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I tarocchi, un gioco di simboli ed incroci ermetici. Prima Parte

Riprendiamo, dopo una giusta pausa, le nostre pubblicazioni su La storia e la civiltà della Campania antica e moderna, dando così onore e merito ad una terra martoriata ma che sa reagire come poche. E questo perché la sua storia e la sua cultura, radicata nel suo popolo, la rende capace di sopportare e resistere alle sciagure più atroci. La resistenza dei Napoletani e dei Meridionali in generale nasce dalle prove durissime che esso popolo ha imparato a combattere.

Vincenzo Crosio

Un detto napoletano dice che:’ E’ pazzo chi gioca ed è un pazzo chi non gioca’. Sembra un Koan zen, ma riflette abbastanza bene l’essenza del gioco, dei giochi. Da quando Huizinga scrisse Homo ludens e da quando Neumann e Morgestern scrissero la Teoria dei Giochi, l’interesse per il gioco come attività cognitiva oltre che di puro divertissement, si è moltiplicato esponenzialmente.

Così pure I Tarocchi  hanno avuto l’onore di essere rivisitati alla luce dei grandi teoremi e delle speculazioni raffinate. In particolare dopo che illustri Surrealisti fecero dei tarocchi il campo di riflessioni sulla surrealtà delle carte da gioco, indotte da un revival per le teorie freudiane e postfreudiane. Andrè Breton, il padre del Surrealismo, scrisse nel 1944 nel pieno della tempesta della 2° guerra mondiale, un testo chiamato Arcano 17, che corrisponde all’Etoile, la Stella, che è il simbolo della Resurrezione, della Redenzione, della Rinascita, la Stella del Mattino. Così scrive al proposito nella postfazione del 1970 Michel Beaujour: “Il gioco dei  tarocchi frequentemente usati dai veggenti raccoglie l’eredità dell’esoterismo tradizionale. Le sue carte comportano tutte una interpretazione  simbolica ed iniziatica. Alcune interpretazioni vi vedono rappresentate le stesse operazioni, quelle materiali e quelle spirituali , dell’alchimia  tradizionale, dell’Ermetismo.”

Il mio interesse per i Tarocchi e la divinazione nasce intorno agli anni ’70 quando tutto sembrava sostituire il pensiero deterministico e logico; addirittura la cartomanzia, con i Tarocchi, le sedute di psicanalisi. I Tarocchi e i Ching erano all’ombra del pensiero selvaggio, il miglior modo di passare il tempo e il miglior modo di interrogare il destino. Il tempo del riposo e dello spasso, della Depense, sostituì il tempo del sacro e in qualche modo la divinazione con le carte, gli oroscopi, le rune e il gioco dei Ching divennero inconsapevolmente il tempo del sacro, anche se in qualche modo eretico e neo pagano, anche se nessuno-ripeto- ne aveva consapevolezza. Era, tra amori semplici e fuori dagli schemi, il gioco non banale né ortodosso di interrogarsi di una generazione che dal ’68 in poi non aveva fatto altro che demolire i miti di un passato appena passato. Elvis Presley e Juliette Greco erano più insinuanti di Kant ed Hegel messi insieme. Alla morte di Dio, alla morte delle ideologie, una generazione trovò riparo nella mitologia astrologica, nelle scienze dell’occulto, nella pratica yogica e sciamanica, nell’esperienza di un’altra medicina. Illustri filosofi anarchici della conoscenza sigillarono il nuovo corso, tra cui I.Lakatos e Paul K. Feyrabend e filosofi del Rinascimento come E.Garin e P.O.Kristeller, ripescando a piene mani nel pensiero neopagano rinascimentale le figure della retorica, dell’allegoria e del pensiero mitologico in funzione antiscientifica. Dunque non è arbitrario ricondurre i Tarocchi a una forma minore, sotterranea, quasi clandestina, in cui  una parte del pensiero ermetico, alchemico sapienziale, trovò rifugio dopo che il grande filone platonico, pitagorico e gnostico (la Gnosi) fu bandito come eretico e coltivato nelle celle segrete del libertinismo filosofico, associato al nomadismo del teatro dell’arte, al carnevale, alle maschere, agli agoni e ad una pratica amorosa non confinata nell’istituzione cattolica e borghese del matrimonio. Per dirla breve il libertinaggio filosofico si identificò col pensiero alchemico e amoroso a partire dal Rinascimento delle corti italiane fin sopra il settecento illuminista e riformatore. A Napoli in particolare  con la magia naturalis di G.B.della Porta, di Telesio e Campanella, con l’ermetismo cabalistico di Giordano Bruno e più tardi con il principe di san Severo con la sua magnifica cappella, vero trionfo del pensiero alchemico, ermetico e libertino, oltreché massonico.

Il Cristo velato e le Allegorie del San Martino sono l’apoteosi di tale pensiero, preceduto dalle Virtù cardinali nell’Arco di Trionfo di Alfonso d’Aragona nel Maschio Angioino, La Fortezza e la Prudenza, l’Angelo Michele e le divinità fluviali, Le Virtù teologali alla base del Monumento funebre in onore di Ladislao Durazzo in san Giovanni a Carbona, nella Fortezza-Verseau (Acquario) nell’altare Miroballo in san Giovanni a Carbonara, alla Allegoria della Divina Sapienza, Trionfo della Sapienza ermetica(la Sofìa di Costantinopoli) di Paolo De Matteis, oggi al Paul Getty Museum, nelle Virtù di Andrea Falcone. Lo stesso santo protettore di Napoli, Gennaro, Januarius, guardiano della Porta, è un potente taumaturgo e Virgilio è ritenuto un Mago Orfico per tutto il Medioevo e il Rinascimento e associato alla leggenda dell’Uovo magico, uovo dell’immortalità, nell’altro castello, quello dell’Ovo appunto. Del resto alla corte angioina  di Napoli non si fa mistero di questa ‘magicità del reale’, di questa rappresentazione allegorica della realtà, basta confrontare le coeve miniature, sempre in ambito angioino, al ‘de Arithmetica’ e al ‘de Musica’ di Severino Boezio, come pure testimonia di questa continuità di pensiero allegorico medievale e provenzale l’anonimo dipinto,di ignoto, del XV secolo che impersona lo stesso Roberto d’Angiò in veste di Re mago.(Le roi magicien). Questo è lo sfondo in cui uno speciale linguaggio simbolico e allegorico prese forma istituendo nel gioco dei Tarocchi qualcosa che ancora sfugge ad una analisi attenta ma che è senza dubbio di grande interesse, come lo hanno tutti i metodi di divinazione, di mantica antica e moderna.

Fina prima parte

Seconda Parte

Terza ed ultima parte

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Vincenzo Crosio
Vincenzo Crosio è nato a Napoli nel ‘50. È scrittore, poeta, saggista. È stato rettore del Seminario teologico politico di Salsomaggiore Istituto Sobozan, Fudenji. insegnante relatore all'Istituto Filosofico di Napoli, specializzato nella Interpretazione dei testi antichi tra Oriente ed Occidente. È stato editorial board di Scienze e ricerche, su cui ha pubblicato saggi di epistemologia semantica, antropologia e filosofia, tra cui importantissimi contributi sulla civiltà della Campania antica e dei Campi Flegrei.

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