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La “Terra non è nostra” di Ameleto Pampily | Una recensione di Paola Iannelli

Le parole tramandate nel tempo sono rinchiuse in una capsula del tempo, regalando ai posteri il piacere di immergersi in un mondo antico, dove i ritmi quotidiani e le speranze della gente avevano obiettivi e pianificazione diverse.

Il manoscritto depositato su fogli di carta velina è giunto a noi grazie al recupero promosso da un progetto editoriale, diretto alla divulgazione dell’opera di un sacerdote, la cui vita è una chiara dimostrazione basata sul desiderio di nutrire la comunità abitativa in cui era cresciuto in un universo migliore.

Il protagonista di questo singolare diario si chiama don Ameleto Pompily, nato a Tirlì nel 1909 e morto a Grosseto nel 1978, figlio della cultura contadina, artefice suo malgrado, di un messaggio di pace e condivisione del bene comune.

Il titolo La Terra non è nostra racchiude il seme della scoperta, in altre parole la consapevolezza nel comprendere che il suolo curato e valorizzato dal lavoro di suo padre e degli zii, non appartiene alla sua famiglia. L’amore unito al duro lavoro profuso nel coltivare le terre, non avrebbe mai donato i suoi frutti per intero. Qualsiasi guadagno era fonte di prestigio economico riservato ai padroni, tutto il resto erano briciole con le quali la famiglia di don Ameleto farà i conti per tutta la vita.

Le passioni però sono la scintilla che forgia il metallo in cui sono rinchiusi i sogni impossibili, il calore derivante riesce a modificarne la forma forgiando i contenitori che accoglieranno le speranze di chi dimostra di avere coraggio e determinazione.

È ciò che accade al giovane adolescente, che a tredici anni varca la soglia della scuola elementare, deciso a seguire il corso di studi che poi lo condurrà a divenire un seminarista, colto, profondo e amico della gente.

Il ricordo della sua terra non lo abbandonerà mai, resterà per sempre nel cuore e pulserà linfa nuova per irrorare progetti e idee, nel nome di una nuova politica agraria.

L’opera di don Ameleto è la chiara rappresentazione di come la fede e l’operosità siano veicolo di una saggia valutazione dei mezzi necessari per far evolvere il livello culturale e sociale del mondo contadino.

La separazione tra ciò che è giusto e non colpisce a fondo la sfera emotiva del sacerdote, il quale dimostrerà che l’amore per le lettere e la cultura in genere sono il vero obiettivo di vita.

Così sarà per il suo viaggio nelle comunità maremmana in cui gli occhi smisero di guardare la sua terra, fondando però nel pensiero futuro gli argini di un fiume nuovo ingrossato dalle acque della scoperta.

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Paola Iannelli
Docente di lingua e letteratura spagnola, ha iniziato a scrivere articoli in ambito accademico, ha svolto una tesi di dottorato sul noir partenopeo post moderno presso l’Università di Salamanca. Nel 2020 pubblica il suo primo noir con il titolo Il paradiso non ha un angolo retto con la casa editrice indipendente napoletana Homo Scrivens. Partecipa a vari blog letterari e scrive per un celebre sito dedito alla letteratura Thrillernord. Nel 2021 pubblica il sequel Amarga, che si candida come giallo finalista al concorso letterario Garfagnana in Giallo Barga noir. Nel 2023 riesce a vincere nel medesimo festival il premio per il racconto Al di là del giardino, nel contest Racconti all'ultimo minuto. Nel 2024 entra a far parte dell'Ordine dei giornalisti campani. Attualmente pubblica per Mursia Editore collana Giungla Gialla, ha pubblicato un noir Uno sguardo innocente, finalista al Garfagnina in Giallo sezione Giallo classico. Partecipa attivamente in convegni internazionali dedicati alla letteratura di genere, in particolare con Tenerife noir, noto festival che si tiene ogni anno nella capitale canaria.
http://www.paolaiannelli.it

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