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Malavita di Giankarim De Caro | Una recensione di Paola Iannelli

Un vuoto d’amore può determinare il futuro di un’esistenza umana, il cui spazio generato da una totale disaffezione e di cura verso i propri figli, genera un’arma letale. Come un mostro marino avanza nell’oscurità per poi affiorare al momento giusto, mostrando il lato più orribile.

La storia sfortunata di Lucia, violentata in giovane età dal signorotto di turno,  complicherà il destino suo e dei suoi figli, tutti illegittimi, alimentando un vortice di azioni nelle cui spire infernali cadranno, senza esclusione di sorta tutti gli appartenenti alla sua stirpe.

La sensibilità con cui l’autore traccia i profili delle donne che colorano le pagine di questo intenso romanzo, si concentra nella descrizione dell’amara sorte di tutte loro,  causata da un DNA multiplo alimentato dalla feroce ossessione dell’uomo diretta all’abuso.

Palermo è la città che ospita “Malavita”, e come le protagoniste sfodera le armi della seduzione e irrompe come un fiume in piena, senza mai dimenticare che il senso di fame alimenta gli istinti peggiori. L’arco temporale che si snoda tra le vicende narrate copre gli anni che vanno dall’ultimo periodo della seconda guerra mondiale, sino al prolungamento dei vent’anni successivi. I cambi scenici, le difformità degli equilibri politici, il vago senso di rinascita con l’arrivo degli americani, segue l’epopea di Lucia e della sua stirpe.

Tutto ha inizio dall’insano desiderio di un uomo prepotente e codardo nel soddisfare i propri bisogni carnali. Lui riuscirà ad approfittare di Lucia, a violare la sua innocenza, stravolgendo i lembi di un’anima puberale, unico dono in cambio della una solitudine dispersa nel disordine inumano dell’indifferenza. La sorte della donna sarà crudele, come il destino infame destinato ai propri figli, e ai nipoti, reduci di quel residuo insolente di un’esistenza sudicia.

L’istinto di sopravvivenza sarà l’ancora a cui si aggrapperà Grazia, che con scaltra risolutezza riuscirà a ottenere il suo riscatto, anche se il prezzo per la sua personale evasione sarà alto, colmo di vendette e di rimpianti.

L’autore descrive questo dramma umano con estrema consapevolezza, mescolando malinconica e tristezza. L’uso di alcune espressioni in dialetto siciliano colora il registro linguistico, che fedele percorre il circuito sociale in cui si muovono i personaggi.

Lo spessore granitico delle realtà che circondano le donne del romanzo affondano le radici nell’immenso marasma dei dolori forti, frutto di anni di oppressione e di malcelato sfruttamento della figura femminile. Un richiamo appare chiaro a “La Storia” di Elsa Morante, altro tragica vicenda narrata, dove ancora una volta le donne finiranno per essere ferite a morte da un incrocio di eventi insani e letali.

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Paola Iannelli
Docente di lingua e letteratura spagnola, ha iniziato a scrivere articoli in ambito accademico, ha svolto una tesi di dottorato sul noir partenopeo post moderno presso l’Università di Salamanca. Nel 2020 pubblica il suo primo noir con il titolo Il paradiso non ha un angolo retto con la casa editrice indipendente napoletana Homo Scrivens. Partecipa a vari blog letterari e scrive per un celebre sito dedito alla letteratura Thrillernord. Nel 2021 pubblica il sequel Amarga, che si candida come giallo finalista al concorso letterario Garfagnana in Giallo Barga noir. Nel 2023 riesce a vincere nel medesimo festival il premio per il racconto Al di là del giardino, nel contest Racconti all'ultimo minuto. Nel 2024 entra a far parte dell'Ordine dei giornalisti campani. Attualmente pubblica per Mursia Editore collana Giungla Gialla, ha pubblicato un noir Uno sguardo innocente, finalista al Garfagnina in Giallo sezione Giallo classico. Partecipa attivamente in convegni internazionali dedicati alla letteratura di genere, in particolare con Tenerife noir, noto festival che si tiene ogni anno nella capitale canaria.
http://www.paolaiannelli.it

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