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Cuma, città testimone del primo Cristianesimo. Le ultime scoperte nel libro di Gianfranco De Rossi

Cuma, città antica e ancora da scoprire. Dall’acropoli alla città bassa è un sovrapporsi di pietre, mura, edifici che raccontano della presenza di popoli diversi. Da prima colonia della Magna Grecia a città Sannita e poi, per secoli, possedimento Romano fino ad essere protagonista dell’avvento del Cristianesimo che ne sconvolge l’assetto topografico: l’acropoli diventa base militare, i templi diventano chiese. I secoli successivi vedono la città teatro delle contese tra Goti e Bizantini, terra di conquista per i Longobardi e preda per i Saraceni. L’ultimo atto è del 1207: il condottiero Goffredo di Montefuscolo al comando dei Napoletani espugna le mura secolari. La città che accolse il mitico Enea era diventata un covo di pirati.

Tra riletture di epigrafi, studi architettonici, consultazione di mappe, interpretazione di reperti e manoscritti, l’archeologo Gianfranco De Rossi, ha ricostruito la storia della città di Cuma fino all’Alto Medioevo. Uno studio che mette in luce i cambiamenti che hanno interessato la città dal punto di vista topografico. Nuove scoperte e intuizioni per conoscere una città che custodisce ancora molti segreti.  

De Rossi, romano, è stato professore di “Archeologia Cristiana” presso la Facoltà di Teologia della Pontificia Università “Angelicum” dal 1997 al 2004 e, con Philippe Pergola, coordinatore del Corso speciale “Instrumentum domesticum della Tarda Antichità e dell’Alto Medioevo” presso il Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, dal 1997 al 2015. Attualmente è archeologo libero professionista.

Intervista all’autore

A quando risalgono i suoi studi su Cuma?

“Dopo la tesi di laurea mi iscrissi al Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana di Roma, e lì mi fu assegnata dal professor Philippe Pergola la tesi di dottorato su Cuma paleocristiana. Un argomento che non era quasi mai stato trattato prima dal punto di vista archeologico: fu un amore a prima vista per i luoghi, la bellezza di un territorio che non conoscevo; in più fu forte lo stimolo della sfida, per le difficoltà di studiare e indagare un aspetto che era poco conosciuto, i Campi Flegrei dal IV secolo d.C. in poi. Era l’anno 1993, e di tempo ne è passato. E in questi anni ho avuto la fortuna di essere aiutato da tante persone che qui vivono e amano il loro territorio, tra tutti un grande archeologo, Paolo Caputo, purtroppo scomparso, e a cui dedico il libro”.

Che ruolo ha avuto Cuma durante i secoli del primo Cristianesimo?

“È interessante notare, e nelle mie ricerche lo sottolineo, come Cuma fu sempre una città speciale, mai omologata, fin dalla sua nascita come colonia Greca. In età tardo antica sono ancora forti i culti pagani, quale quello di Apollo, ed anche è viva e sentita l’importanza della Sibilla, che viene ricordata dagli scrittori cristiani antichi fino a divenire poi nel Medioevo una delle figure che, se pur pagane, annunciano la venuta di Cristo. E forse lo stesso cristianesimo stentò all’inizio ad affermarsi: i santi martiri venerati a Cuma, Massimo e Giuliana, sono culti posteriori, di età bizantina…”.

Quali edifici e quali “segni” è possibile osservare nel sito archeologico?

“È una delle dinamiche che ho cercato di evidenziare e datare: le due principali chiese conosciute sono la trasformazione dei due principali templi pagani dell’acropoli, a segnare come dicevo prima questa sorta di passaggio di testimone. Inoltre segni importanti ho creduto di cogliere anche nella Crypta Romana, la galleria stradale scavata sotto l’acropoli, con una proposta di attribuzione ad un culto per un martire”.

Cosa emerge dalla sua pubblicazione? Quali novità per gli studiosi e appassionati?

“L’importanza del libro, se posso dirlo, è che per la prima volta si ha una visione d’insieme di Cuma paleocristiana e altomedievale… spero possa divenire un importante punto di arrivo per le ricerche compiute finora e punto di partenza per le ricerche future. Due forse sono le novità tra le altre: aver dato la giusta importanza e valorizzato la presenza dei Goti a Cuma, che ne fecero la loro ultima roccaforte prima della sconfitta con i Bizantini nel 553; e sicuramente la riscoperta di un’epigrafe fondamentale, la prima e più antica che ricorda San Massimo, e che è purtroppo andata persa. Un piccolo giallo archeologico in parte risolto: tramite la mia collega Valentina Vegni con metodologie ottiche e matematiche abbiamo effettuato una lettura più precisa dall’unica fotografia nota, di oltre sessant’anni fa, e una ricerca nei magazzini mi ha permesso di riscoprire un frammento dell’epigrafe dimenticato e che quindi si è miracolosamente conservato”.

Possibile inserire Cuma in un percorso di studio e in un itinerario turistico dedicato al protocristianesimo?

“Assolutamente sì! La vasca battesimale della chiesa di San Massimo, in quello che era il cosiddetto Tempio di Giove, è una testimonianza importante del cristianesimo in Campania, e sarà sicuramente valorizzata insieme ai nuovi ritrovamenti che sta compiendo l’equipe di scavo di Carlo Rescigno della Seconda Università di Napoli. E così i numerosi oggetti e decorazioni architettoniche che sono e saranno conservate nel Museo Archeologico dei Campi Flegrei. E inoltre sicuramente si potrebbe riprendere l’importanza che ebbe anche in chiave cristiana la figura della Sibilla e il suo Antro, che conserva anche testimonianze del suo utilizzo da parte sia dei Goti che degli stessi abitanti di Cuma cristiana”.  

Quale rapporto tra Cuma e Roma nei primi secoli d.C.. E tra Cuma e gli altri centri urbani limitrofi come Puteoli, Miseno e Napoli?

“Roma e il papato ebbero sempre a cuore l’area flegrea, avendo possessi su Miseno che risalivano dall’età di Costantino. Papa Gregorio VII cerca di difendere Cuma dai Longobardi. Sono numerose le testimonianze storiche ed epigrafiche: tra l’altro i vescovi di Cuma, di Pozzuoli e di Miseno spesso compiono ambascerie importanti per conto dei pontefici del V e VI secolo d.C. Nel 598 il vescovo di Miseno sostituì quello di Cuma deceduto, in attesa della nuova elezione, sotto Gregorio Magno…e la curiosità, che è molto interessante dal punto di vista storico, è che quel vescovo, di nome Benenato, fu arrestato e deposto perché accusato di malversazione: in pratica si era intascato i fondi forniti anche da parte del papa per la costruzione di un castrum a difesa di Miseno”. 

Cosa ci possiamo aspettare ancora da Cuma?

“Manca il monumento più importante, che ancora non è stato trovato: la cattedrale paleocristiana, la più antica, prima di quella medievale che è poi la chiesa di san Massimo…ma l’archeologia flegrea ci riserverà ancora tante sorprese, ne siamo convinti tutti”.

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Ciro Biondi
Giornalista, scrive prevalentemente di attualità, sociale, cultura, turismo e ambiente. E' responsabile dell'Ufficio Comunicazione della Caritas Diocesana di Pozzuoli. Ha collaborato con quotidiani e periodici. E’ specializzato in comunicazione sociale e istituzionale. Si è occupato di uffici stampa ed è presidente dell'associazione di promozione sociale Dialogos. Con le scuole e le associazioni promuove incontri su legalità, volontariato, solidarietà tra i popoli, dialogo tra le religioni e storia. E' laureato in Lettere con una tesi in Storia Medievale. E' docente di scuola statale secondaria di secondo grado. Ha ottenuto vari riconoscimenti per l'attività giornalistica. Per il suo impegno sociale, culturale e professionale nel 2013 il Capo dello Stato lo ha insignito dell'onorificenza di cavaliere della Repubblica.
http://www.cirobiondi.it

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