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In nome di quale Dio tanto sangue?

All’indomani degli attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre al kibbutz Kfar Aza in cui centinaia di israeliani, per lo più giovani, persero la vita in maniera orrenda trucidati dai terroristi palestinesi – si parla addirittura di bambini decapitati – e altre centinaia vennero presi come ostaggi, la temuta reazione militare israeliana è arrivata puntuale, attirandosi addosso un mare di critiche e condanne perfino da parte del Segretario dell’ONU per le modalità e brutalità adottate.

Nessuno mette in discussione il sacrosanto diritto di Israele di difendersi. Ma nello stesso tempo alimentare una carneficina, perpetrando dei veri e propri crimini di guerra nei confronti di civili inermi come se tutti i palestinesi fossero terroristi di Hamas – distacco dell’acqua e dell’energia elettrica su tutto il territorio inclusi ospedali e campi di accoglienza, blocco degli aiuti umanitari -, per giunta con il consenso degli americani e di, quasi, tutti gli alleati degli USA – la Turchia, pur facendo parte della NATO, ha condannato la risposta militare di Israele – con il pretesto di stanare e distruggere i terroristi e i loro fiancheggiatori sul territorio di Gaza, sembrerebbe andare al di là di ogni logica, se non quella di prendere a pretesto l’attacco terroristico per radere a suolo la striscia di Gaza e sterminarne indiscriminatamente la popolazione.

Da quando fu fondato il 14 maggio del 1948 su proposta dei governi di Gran Bretagna e Stati Uniti di dare una terra, la Palestina, alle centinaia di migliaia di profughi ebrei scampati alle persecuzioni naziste, Israele ha sempre cercato di espandere militarmente i propri territori adducendo a scusante il proprio diritto all’autodifesa; sottraendo sempre più spazio ai palestinesi fino a confinarli in un fazzoletto di terra, la Striscia di Gaza. Questa continua espansione toccò il suo apice nel 1967, durante la guerra dei sei giorni, in cui Israele occupò territori della Cisgiordania e da cui derivò il termine tuttora in uso di territori occupati per indicare quegli insediamenti di coloni israeliani in zone palestinesi e giordane. Tanto che un rappresentante dell’ONU, Richard Falk, definì l’occupazione di Israele “un affronto al diritto internazionale“.

Ciò che sta succedendo in queste ore a Gaza ricorda, seppure con i dovuti distinguo, quanto accadde in Francia tra il 1209 e il 1229 durante quella che la storia ricorda come LA CROCIATA DEGLI ALBIGESI bandita da papa Innocenzo III con lo scopo di estirpare il catarismo dai territori della Linguadoca nel sud della Francia.

Il catarismo era un movimento ereticale cristiano che credeva nell’esistenza di due divinità, una del bene e un’altra del male, in eterno conflitto tra di loro. Identificando nel bene la spiritualità e nel male la materialità dalle cui malie la Chiesa, secondo i catari, non era immune – a dire il vero tutt’oggi una fetta della Chiesa non sembra essere affatto insensibile al fascino della materialità…

Per estirpare l’eresia catara la Chiesa bandì la crociata degli albigesi che produsse morte e distruzione senza fermarsi nemmeno davanti a bambini e civili inermi. A riguardo famosa fu la risposta che Arnald Amaury, abate cistercense al comando delle truppe del papa, diede ad alcuni soldati che gli chiesero come avrebbero fatto a distinguere gli eretici dai cattolici: Uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi.

Quanto sta avvenendo oggi a Gaza, dove uno degli eserciti più potenti al mondo sta sterminando uomini, donne e bambini con una tale furia e brutalità che perfino gli alleati ammoniscono gli israeliani a mitigare il proprio furore affinché a pagare le conseguenze della loro rappresaglia non siano migliaia di innocenti il cui unico torto è quello di (soprav)vivere laddove si troverebbero le basi dei terroristi, ripropone, seppure in maniera diversa nei termini ma simile nella sostanza, il dilemma che all’epoca scosse l’animo di alcuni soldati del papa: come distinguere tra civili e terroristi? Non ci stupirebbe se a una simile domanda postagli da un soldato dotato di sensibilità, qualche capo militare israeliano avesse risposto: Uccideteli tutti. A distinguere i terroristi dai civili innocenti ci penserà Dio.  

Ma quale Dio? Quello di papa Innocenzo III, quello di Hamas o quello di Israele?

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Vincenzo Giarritiello
Nato a Napoli, ma da oltre vent’anni residente a Pozzuoli, Vincenzo Giarritiello alterna all’attività di scrittore quella di giornalista per passione. Nel 1997 ha pubblicato “L’ultima notte e altri racconti” e nel 1999 “La scelta”. Nel 2017 ha ristampato “La scelta” e nel 2018 ha pubblicato il romanzo breve “Signature rerum” ambientato nei Campi Flegrei. Nel 2019 ha stampato “Le mie ragazze rom scrivono” e “Raggiolo uno scorsio di paradiso in terra”. Nel 2020 ha editato la raccolta di racconti “L’uomo che realizzava i sogni”. Ha pubblicato con le Edizioni Helicon il romanzo “Il ragazzo che danzò con il mare”. Ha collaborato con le riviste online “Giornalewolf.it” e “Comunicare Senza Frontiere”; con quelle cartacee “Memo”, “Il Bollettino Flegreo”, “Napoli Più”, “La Torre”. Fino al 2008 ha coordinato laboratori di scrittura creativa per ragazzi a Pozzuoli e all’Istituto Penitenziario Minorile di Nisida. Attualmente collabora con l’associazione culturale Lux in Fabula con cui ha ideato la manifestazione “Quattro chiacchiere con l’autore”. Nel 2005 ha attivato il blog “La Voce di Kayfa” e nel 2017 “La Voce di Kayfa 2.0”. Dal 2019 è attivo il suo sito www.vincenzogiarritiello.it
http://www.vincenzogiarritiello.it

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