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Il Carmen: Poema sacro, II parte

Dai misteri gioiosi

Quarta cantica: L’Evangelico

Lirica Prima

Era il Marzo mite e leggero,

Maria tornava dall’aia assolata,

serbava in cuore un gioioso pensiero,

per il Signore Iddio che l’aveva creata.

L’umile casa ad un tratto si accese

d’una luce potente come di tuono,

cadde l’ora e ciò che fra le mani prese,

apparve un araldo del Dio buono.

 Ti saluto Maria Dio è con te,

porto umilmente il suo messaggio,

l’umile venuta di un divino re,

accogli il suo invito con tanto coraggio.

Al suon di colui ella si turbò,

strinse le spalle e chiese di capire,

saputa la missione non disse di no,

piegò il suo capo decisa a ubbidire.

Fiat Signore, sia tua la volontà,

ecco l’ancella dell’eterno sovrano,

canto l’avvento di ciò che sarà,

tenendoti stretto nella mia mano.

Lirica seconda

Con il cuore colmo di una lieta gioia,

Maria si levò per i monti in gran fretta,

per rendere a Dio una meritata gloria,

andò felice da sua cugina Elisabetta.

I colli rocciosi non posero freno,

pregando e lodando seguitava il viaggio,

temendo giammai di venire meno,

avendo da Dio un grande coraggio.

Shalom Elisabetta, di Dio è il saluto,

Shalom Maria, che cosa è mai questa!

Il Signore dei signori da me è venuto,

e il mio cuore esulta come un dì di festa.

L’anima mia magnifica il Signore,

per la sua misericordia che non ha fine,

da oggi in poi sarà suo il mio cuore,

offerta per un amore senza fine.

Esulta cugina, il tuo è un bel dono,

araldo divino è il frutto del tuo seme,

per rendere a Dio un servizio buono,

portare a Israele una rinnovata speme.  

Lirica terza

Oh Betlemme di rocce vestita,

ignara vestale di un gran viaggiatore,

ognun ti diceva minuta e sfiorita,

l’ultimo posto per un gran signore.

Giunti una sera di un freddo invernale,

un uomo e una donna in dolce attesa,

chiedevano un posto dove poter riposare,

cercandolo ovunque senza alcuna pretesa.

Ma nessuna richiesta trovò accoglienza,

la famiglia cambiò direzione e rotta,

dandosi di cuore alla santa provvidenza,

trovò riparo in una piccola grotta.

La vergine Maria diede al mondo la luce,

la povera stalla di grazia brillò,

ovunque si diffuse l’annunzio di pace,

e dagli angeli esultanti un canto si levò.

Gloria a Dio nell’alto dei cieli,

udite o uomini ciò che diremo,

Iddio s’è rivelato senz’ombra né veli,

fate con la vita ciò che noi canteremo.

Lirica quarta

Per legge antica e per giovane amore,

con grazia sì lieta e devozione,

si recò la famiglia al tempio del Signore,

per rendere il culto con vera adorazione.

La madre silente portava il bambino,

nel grande tempio di fumi incensato,

devota ignara del suo destino,

offriva al Signore il suo figlio amato.

Simeone presente al suddetto offertorio,

dallo Spirito guidato a Maria profetizzò,

parole forti di duro comprensorio,

presagi funesti che mai più pronunciò.

Anche di te o Maria la mia bocca dirà,

ciò che mai nessun uomo potrebbe udire,

un duro dolore come spada ti trafiggerà,

ma di quel che avverrà è difficile a dire.

Maria riprese la via verso casa,

col cuore pensoso per ciò che sentì,

offrendo all’altissimo ogni piccola cosa,

e alla divina parola a cui sempre obbedì.

Lirica quinta

Tornando unanimi dal tempio glorioso,

Maria s’accorse che mancava Gesù,

si accese ad un tratto un dubbio curioso,

il figlio di Dio c’era e non è più.

Con il cuore fremente alle mani stretto,

scese dal carro con forte ansietà,

insieme a Giuseppe che si batté il petto,

tristi per il fatto e per ciò che avverrà.

Fra la gente riunita ovunque cercarono,

scrutando bene in ogni posto,

 credendolo con loro per questo andarono,

affidandosi a Dio a cui avevano risposto.

Ma presto tornarono sui loro passi,

cercando in giro in ogni città,

correndo veloce sull’erba e sui sassi,

pensando col cuore a dove egli sarà.

A Gerusalemme tornarono da Dio guidati,

domandando alla gente se l’avessero veduto,

trovatolo nel tempio coi maestri estasiati,

scordarono in fretta ciò che avevano temuto

Dai misteri dolorosi

Lirica prima

Ombre multiformi nell’Ebreo giardino,

tentarono di angosce il giusto Signore,

satana non si dilegua e a lui vicino,

istigò alla resa con visioni di terrore.

Gocce di sangue colmarono il viso,

il divino capo trasudò per la contesa,

ma ciò non lo tenne da Dio diviso,

che gli infuse pace e forte ripresa.

Un angelo apparve per recar conforto,

al santo che carponi invocava il Signore,

ma l’angelo oscuro minacciò e a torto,

infangò con furia il divin Salvatore.

Tornato dai suoi per un breve momento,

li trovò dormienti per la gran paura,

li riportò alla veglia e il loro spavento

rese ancora più forte la sua tortura.

Con anima lieve si diede al destino,

che in quell’ora gli venne in cupa sorta,

ai soldati si lasciò con animo chino,

mentre gli altri fuggirono l’abile scorta.

Lirica seconda

Il sangue pulsava ovunque sui sassi,

le verghe appuntite non avevano timore,

picchiavano i mercenari a occhi bassi,

la carne ormai livida del divin Signore.

La mente fissata nell’alto firmamento,

la bocca diffondeva incessanti preghiere,

sangue copioso dalla fronte al mento,

gli occhi aperti ma non potevano vedere.

Il popolo insultava ma senza sapere,

che colui che puniva era un innocente,

i capi del popolo con il loro potere,

aizzavano con rabbia i cuori della gente.

Maria da lontano osservava lo scempio,

dolente nell’anima per il suo Gesù,

con forza lo battevano urlandogli empio!

Piegandogli con forza le mani all’ingiù.

Pilato indolente credeva di salvarsi,

lasciando alla gente l’ardito verdetto,

bagnò le sue mani ma non per lavarsi,

 accettando dal popolo ciò che aveva detto.

Lirica terza

Seduto sopra un sasso di ferite lacerato,

subiva umilmente le accuse dei carnefici,

sputarono con ira sul suo viso piagato,

sobillati dalla rabbia di gridi malefici.

Con cattiva ilarità si prostrarono davanti,

al Signore che restava in mite attesa,

gli percossero il capo e gli occhi affranti,

si chiudevano tristi per la grande offesa.

Una corona di spine con arte crearono,

per porla sul capo dell’umile Signore,

la misero con forza e ciò che additarono,

si univa a quel sangue che stillava d’amore.

Sputandogli addosso e urlandogli forte,

parevan i carnefici dai demoni guidati,

il popolo intanto declamava la morte,

spinti dai sacerdoti e da i loro soldati.

Finito lo scempio e placata ogni voce,

i soldati condussero Gesù all’uscita,

sulle spalle gli misero un legno di croce,

spingendolo con forza su una gran salita.

Lirica quarta

Seguiva il Signore il suo triste destino,

portando quel legno che tanto pativa,

il sangue cadendo segnava il cammino,

e i piedi piagati che tanto soffriva.

Lo stretto sentiero di urla grondava,

voci alternate di chi pro e chi contro,

ma spinto con forza da ciò che portava,

cadde sui sassi in un infelice scontro.

I soldati vedutolo stanco e sfinito,

costrinsero un altro a portare quel peso,

riprese il cammino e quanto prima patito,

dando all’Altissimo il suo cuore offeso.

Simone piegato dal grosso legno,

con animo pietoso guardava il Signore,

atterrito nel cuore per quel triste disegno,

che portava alla morte il gran Salvatore.

Giunti al Calvario il Signore esausto,

si lasciò cadere sul monte designato,

pochi  piangevano il dì nefasto,

assenti i discepoli che lui aveva amato.

Lirica quinta

Spogliato del tutto delle sue vesti,

rimase nudo dinanzi alla gente,

i soldati si spartirono i suoi resti,

seguitando a picchiarlo violentemente.

Sdraiato supino sulla pronta croce,

il Signore muto si disponeva al martirio,

i giudei continuarono ad aizzare la voce,

con i loro soprusi in un alto delirio.

I chiodi batterono sulle divine mani,

schizzando il sangue sui copiosi sassi,

i martelli suonarono di colpi immani,

lasciando nell’aria i loro passi.

Con lui altri due si preparavan a morire,

ladri ribelli contro il Romano impero,

il più oscuro dei due prese a schernire

colui che si offriva per il mondo intero.

Ma il buon ladrone preso da rimorso,

ispirato da Dio chiese a lui il perdono,

affidò al Signore il suo antico percorso,

andandosene con Cristo nel regno buono.

Dai misteri gloriosi

Lirica prima

Splendi di sole o giorno buono,

tu rechi al mondo una dolce emozione,

offri all’umanità il gran dono,

che Gesù le ha fatto con la sua risurrezione.

Maria Maddalena in fretta si reca,

al gran sepolcro di buon mattino,

ha un balsamo nuovo che mai si spreca,

con animo triste s’appresta al giardino.

Una grande paura le assale il cuore,

la tomba è vuota e la pietra è spostata,

teme che hanno rapito il buon Signore,

diventando pallida e più addolorata.

Ma una voce si ode, oh donna che gemi?

E Maria voltandosi non riconobbe Gesù,

gli disse: oh uomo l’Altissimo non temi!

 Cercavo il mio maestro e ora non v’è più.

Ma al sentir la sua voce che disse Maria!

Ella si scosse come un brutto sogno,

 le disse: guida i miei fratelli su questa via,

affrettati ora poiché di loro ho bisogno.

Lirica seconda

Sul monte di Galilea la gente udì,

la parola del verbo per l’ultima volta,

gli angeli cantarono un inno quel dì,

per colui che vede e colui che ascolta.

Alcuni increduli nel cuore basito,

si prostrarono umili dinanzi al Signore,

gli Apostoli d’attorno con animo ardito,

ricevettero da lui il testamento d’amore.

Maria prostrata dinanzi al figlio,

docile ancella ascoltò silenziosa,

ricevendo nel cuore il divin consiglio,

unita al creatore poiché di lui è la sposa.

Ad un tratto una nuvola scese dall’alto,

avvolse il Signore in un’ aurea luminosa,

gli apostoli si scossero e di soprassalto,

si prostrarono osservando la visione preziosa.

Ma gli angeli lucenti accorsero in fretta,

scossero gli animi dal lungo rapimento,

invitandoli subito sulla via perfetta,

preparandoli a ricevere un lieto evento.

Lirica terza

Seduti d’intorno nella solita stanza,

i discepoli pregarono con tanto fervore,

chiedendo a Dio luce e abbondanza,

di gioia, fortezza, pace e amore.

Maria umilmente con animo puro,

insieme agli altri intonò i canti,

modulando la voce con tono sicuro,

scuotendo i discepoli dai cuori affranti.

Ad un tratto un rombo si udì potente,

dall’alto scese un fuoco luminoso,

si divise e si posò su tutta la gente,

che lì riunita attendeva lo sposo.

Lo spirito di fuoco conferì ad ognuno,

carismi e doni secondo la scelta,

che Dio ha voluto all’altro e all’uno,

per darli al mondo in una docile offerta.

I discepoli felici e con grande forza,

profetizzavano di Dio i nobili arcani,

colmi dello Spirito che il cuore rafforza,

alzavano al cielo i volti e le mani.

Lirica quarta

Nella nuova Efeso da Dio ammantata,

Maria s’apprestava all’ultima ora,

distesa sul letto e da Giovanni curata,

pregava che venisse ciò che attese allora.

Il viso pallido di donna vera,

gemeva silente sul piccolo letto,

le parole rivolte a una lode sincera,

Giovanni ripeteva ciò che aveva detto.

Nel mezzo della lode lo spirito si leva,

alzandosi laddove era solo sostanza,

lasciando il corpo che l’anima sosteneva,

andava su nel cielo con grande eleganza.

L’apostolo osservava la lieta visione,

chinandosi umilmente con cuore sincero,

benediceva Iddio con grande emozione,

lodando della morte il suo ricco mistero.

Ma dalla grazia più pura si svela il disegno,

che vuole Maria più alta tra i santi,

dalla tomba il suo corpo compie il segno,

unendosi all’anima fra gli angeli festanti.

Lirica quinta

Ma gli angeli riverenti presto lodavano,

con cetre e cembali in santa venerazione,

da Dio ordinati e per questo esaltavano,

il nome di Maria e la sua incoronazione.

Una corona d’oro sulla pura testa,

un manto regale a coprirle la schiena,

la veste ricamata di fiori a festa,

occhi di perle e labbra d’avena.

Iddio proclamava la sua grazia provata,

invitando i beati a temerla con rispetto,

il maligno invece l’avrebbe sfidata,

odiando di lei il suo nobile aspetto.

Il figlio divino con maestoso viso,

baciava la madre incoronata appena,

guardandola gioioso con dolce sorriso,

benediceva di cuore la sua grazia serena.

La Vergine Maria d’oro agghindata,

ricevette da Dio la sua immane potenza,

per vincere satana e la sua orda dannata,

portando le anime alla sua dolce clemenza.

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Ivan Tudisco
Ivan Tudisco è nato a Napoli nel 1980 dove attualmente vive. Nel 2007 ha esordito con una raccolta di poesie edita da una casa editrice Siciliana, seguiranno altre due raccolte, di cui l’ultima pubblicata nel 2021 con una editrice Romana: Rosabianca edizioni. Nel 2020 ha esordito con il suo primo romanzo: Gente di Pianura, in ebook. Una serie di racconti di genere vario, sono stati pubblicati su varie antologie nazionali tra il 2019 e il 2021, e una raccolta di favole, ha visto la sua pubblicazione nel 2021, ed è tuttora disponibile sul sito della casa editrice Ivvi. In Giugno 2022, sarà pubblicato un nuovo romanzo, con l’editrice Montag, collabora con QuiCampiFlegrei dal 2020. Tutti i libri di Ivan Tudisco sono disponibili nelle librerie online, quali: Mondadori storie, La Feltrinelli, Libro Co.

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