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“Dammi la vita” di Letizia Vicidomini. Una recensione di Paola Iannelli

Le note sono aggrappate come piccoli ganci a esili fili, ogni grado di tono regola la melodia, che sorge da uno schema all’apparenza semplice. Così accade nella trama del nuovo noir firmato da Letizia Vicidomini Dammi la vita, arpeggia lungo il perimetro di un ritmo cadenzato a tre battiti, il cui impulso è lanciato dalla sapiente mano di una direttrice d’orchestra: Marlena Vichi.

La folgorante bellezza della donna si dimostra da subito un eccellente biglietto da visita, per una carriera che ha raggiunto un successo apicale in tutto il mondo.

Marlena è avida, la sua rapacità sconfina nell’esacerbare le sfide continue che il mondo le porge, alle quali lei, malgrado i numerosi impegni lavorativi, non si sottrae.

Il desiderio di sentirsi appagata sessualmente l’avvolge come una mantide, e alimenta quell’insano sentimento di rivalsa nei confronti dell’amore.

Il commissario Andrea Martino giunge a lei, dopo l’ennesimo caso di omicidio, a danno di un giovane e talentuoso pianista: Antonio Piccirillo. L’anziano investigatore in pensione scorge l’ombra dell’intrigo, e decide di aiutare i suoi ex collaboratori a spianare la strada tesa alla ricerca della verità.

Il dolore per la perdita dell’amato figlio Lorenzo, non distrae il commissario dalla naturale propensione nell’occuparsi di fatti criminali, lo spazio in cui s’inserisce la sete di giustizia, colma quel vuoto divenuto ormai un bacino di sofferenze, per lui e l’adorata moglie Luisa.

La vicenda di Marlena s’intreccia con quella della piccola Aurora, morta dopo una lenta agonia. Il commissario ne raccoglie il ricordo straziante della baby sitter, scoperta a piangerla sulla tomba dove la creatura riposa.

Le lacrime di Brunella si mescolano con quelle di Martino, sgorgano e si congiungono nel medesimo tratto dove la sofferenza, mista all’incredulità della perdita precoce, vaga per  il labirinto dell’inquietudine.

La rara bellezza estetica del centro storico di Napoli, gli austeri e intricati corridoi del conservatorio San Pietro a Majella, gli antichi portici misti a busti e sculture di fattura secolare, circondano i protagonisti di questa storia nera. Rapiscono lo sguardo del lettore e lo accompagnano lungo i vicoli dei Decumani maggiori e minori, dove i Greci e poi i Romani, stabilirono l’incrocio dei primi assi cartesiani sui quali venne edificata la città.

Lì dove l’anima buia ingoia i conati degli spiriti malevoli dove si annida il male, quello più scuro, la cui scia arriva fino a noi, che con fare disincantato apriamo la finestra sul gelido panorama tessuto dall’ennesima mano criminale.

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Paola Iannelli
Docente di lingua e letteratura spagnola, ha iniziato a scrivere articoli in ambito accademico, ha svolto una tesi di dottorato sul noir partenopeo post moderno presso l’Università di Salamanca. Attualmente fa parte del gruppo di scrittori della bottega di "Homo Scrivens" e ha pubblicato nel febbraio del 2021 un noir intitolato "Il Paradiso non ha un angolo retto". Collabora con Quicampiflegrei.it e con Thriller nord e non solo Scrive racconti brevi per le riviste: "Edgar" e "Resistenza civile", oltre a pubblicare recensioni per la casa editrice. È stata selezionata dalla rivista Mondadori "Donna Moderna" rispondendo alla chiamata di un concorso diretto alle donne che hanno realizzato durante il lockdown un nuovo progetto professionale. Ha ricevuto vari riconoscimenti letterari, è stata scelta dalla trasmissione "Plot Machine" di Rai Radio1 per uno dei migliori miniplot creati nel 2020.

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