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Olivetti. Una fabbrica per la classe operaia

Adriano Olivetti nell’aprile del 1955 inaugurò con questa frase la fabbrica di Pozzuoli: “Di fronte al golfo più singolare del mondo, questa fabbrica si è elevata in rispetto della bellezza dei luoghi e affinché la bellezza fosse di conforto nel lavoro di ogni giorno”.

Il polo industriale Olivetti ha la sede centrale nella città di Ivrea che ha ricevuto il 1° luglio 2018 il riconoscimento come Sito Patrimonio dell’Unesco.

Ivrea, città industriale del XX secolo. Bene protetto dall’Unesco.

“Ivrea, la città ideale della rivoluzione industriale del Novecento, è il 54esimo sito Unesco italiano”, ha dichiarato il Ministro dei beni e delle attività culturali, Alberto Bonisoli, “Un riconoscimento che va a una concezione umanistica del lavoro propria di Adriano Olivetti in cui il benessere economico, sociale e culturale dei collaboratori è considerato parte integrante del processo produttivo”.

Lo stabilimento Olivetti  di Pozzuoli progettato negli anni cinquanta da Luigi Cosenza, è un’opera di architettura moderna e di integrazione architettonica nel panorama naturale della costa flegrea.

Storia

Nell’ambito dei progetti di pianificazione sociale del Movimento Comunità per offrire posti di lavoro nell’Italia Meridionale, con salari sopra le medie e assistenza alle famiglie degli operai, nel 1953 Adriano Olivetti decide di impiantare una fabbrica di macchine calcolatrici a Pozzuoli.

Nel 1951 l’incarico di progettare e realizzare lo stabilimento di Pozzuoli fu affidato all’architetto napoletano Luigi Cosenza, che lavorò con la collaborazione di Adriano Galli, Pietro Ciaravolo, Piero Porcinai e Marcello Nizzoli.

I lavori si conclusero nel 1954 e nell’aprile del 1955 una grande inaugurazione ufficiale, fu occasione per uno dei più noti discorsi di Adriano Olivetti.

1954. Lo stabilimento Olivetti progettato da Luigi Cosenza. Foto di Paolo Monti

La fabbrica fu ideata e costruita su un’area di 15 ettari sull’idea di voler far entrare più luce naturale possibile e di creare un luogo di lavoro ordinato, uno strumento di riscatto e non un congegno di sofferenza. Dopo l’inaugurazione, furono costruiti nuovi edifici fino al 1970.

Lo stabilimento in via Domiziana

Lo stabilimento è situato lungo la via Domiziana, in una particolare posizione che domina il golfo flegreo. 30.000 metri quadrati di superficie e al momento della sua apertura ospitava 1.300 tra operai e impiegati. I primi oggetti ad uscire dalla fabbrica sono inizialmente calcolatrici e macchine per scrivere. L’edificio è stato progettato a forma di croce, per adattarsi alle pendenze del terreno ed integrarsi perfettamente nel paesaggio.

Comprensorio Olivetti. Via Campi Flegrei.

Fu prestata grande attenzione all’organizzazione degli spazi interni ed esterni alla fabbrica. La luce naturale doveva essere la protagonista per creare così dei saloni di lavoro con un’atmosfera solare..

Il quartiere Olivetti

L’arch. Cosenza fu incaricato da Adriano Olivetti anche di progettare un quartiere residenziale. 

“I luoghi del lavoro devono integrarsi, per qualità e per vicinanza territoriale, con i luoghi dell’abitare” questo il pensiero di Olivetti. 

Inizialmente il quartiere doveva sorgere in località Fusaro formato da due unità abitative di 28 e 10 alloggi ciascuna corredati da una serie di servizi quali: colonia marina, asilo, scuola elementare, cinema-teatro, chiesa, negozi e locali per l’assistenza sociale e sanitaria.

Ma, per offrire ai dipendenti la possibilità di abitare in un’area più vicina allo stabilimento, si decise di costruire il quartiere a Pozzuoli in un’area già fornita di vari servizi: i lavori si limitarono solo ai due lotti di edifici di abitazione. Il quartiere fu ampliato nel 1963 con un terzo lotto di 24 alloggi.

Le nuove destinazioni

Alla fine degli anni ’80 la fabbrica viene trasformata in sede di attività d’ufficio. Oggi ospita i laboratori del CNR, la sede decentrata di alcuni istituti universitari partenopei, e alcune società di servizi e dal 2014 il Tigem, l’Istituto Telethon di genetica e medicina guidato da Andrea Ballabio professore ordinario di genetica medica al dipartimento di Pediatria dell’Università Federico II di Napoli.

Le immagini dell’articolo sono tutte nel pubblico dominio.

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Anna Abbate
Archeologa, consulente informatica e web design freelance. Nata a Napoli, si occupa dal 1971 di Information Tecnology dopo essersi formata alla IBM come Analista Programmatore. Dopo una vita vissuta nel futuro ha conseguito la Laurea Magistrale in Archeologia presso l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa”. Divide il suo tempo tra la passione per l’informatica e la ricerca storica. Con alcuni amici archeologi ed antropologi ha fondato nel 2011 il “Gruppo Archeologico Kyme”, associazione di promozione sociale, della quale attualmente è presidente, organizzando giornate di valorizzazione e promozione del patrimonio storico-archeologico e delle tradizioni dedicate soprattutto alle scuole. Si occupa, in particolare di Napoli e del territorio flegreo. Ha pubblicato i libri "Da Apicio... a Scapece (Valtrend Editore, 2017), "Biancomangiare... il Medioevo in tavola" (Valtrend Editore, 2018).

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