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Intervista al Prof Aldo Zollo

Nel presente articolo ho voluto intervistare il Prof Aldo Zollo dell’Università di Napoli “Federico II” coautore di una recente pubblicazione scientifica circa la costituzione del sottosuolo dei Campi Flegrei nei primi km. Si tratta di un argomento molto dibattuto in ambito scientifico e di grande importanza per comprendere il fenomeno del bradisismo e la sua dinamica.

La pubblicazione può essere letta attraverso il seguente link:

https://rdcu.be/eow4B

ed è frutto di una collaborazione fra l’Università di Napoli, Stanford, Grenoble Alpes e l’azienda Geofisica Alomax Scientific.

Il Prof. Aldo Zollo è Professore Ordinario di Sismologia e Analisi ed Elaborazione dei Segnali dell’Università Federico II di Napoli dove si è laureato in Fisica nel 1983.

Ha conseguito il dottorato in Geofisica della Terra Solida (Sismologia) all’Università di Parigi VII nel 1990. Nel corso della sua carriera si è dedicato allo sviluppo teorico e sperimentale della Sismologia, concentrandosi in particolare sull’imaging delle strutture geologiche complesse e sullo studio delle sorgenti sismiche.

E’ responsabile di numerosi progetti di ricerca, finanziati da enti nazionali ed internazionali, nei settori dell’esplorazione sismica dei vulcani, della modellizzazione dei processi di sorgente e dello sviluppo di sistemi di allerta rapida per la prevenzione sismica.

Nel 2007 il Presidente della Repubblica Italiana gli ha conferito l’onoreficenza di “Commendatore della Repubblica Italiana” per meriti scientifici.

Nel 2020 è stato eletto Membro dell’Accademia d’Europa per la sezione della Terra e del Cosmo.

Per maggiori dettagli è possibile consultare: https://www.docenti.unina.it/#!/professor/414c444f5a4f4c4c4f5a4c4c4c444135395330394638333944/curriculum

In alternativa: https://en.wiki.topitalianscientists.org/Aldo_Zollo

Professore, di recente è stato pubblicato un suo lavoro scientifico sulla costituzione del sottosuolo flegreo, Ci può spiegare quali sono le tecniche usate? Quali sono le differenze rispetto alla tomografia classica?

Questo lavoro rappresenta un’assoluta novità rispetto alle tecniche convenzionali di ricostruzione d’immagine del sottosuolo dai tempi dei primi arrivi delle onde sismiche. Prima di tutto si è utilizzata una tecnica di localizzazione preliminare ad alta precisione che in un precedente lavoro (Scotto di Uccio et al., 2024) ci ha consentito di delineare le principali strutture di faglia attive durante la crisi bradisismica in corso. Combinando l’informazione contenuta nei termini di correzione statica dei tempi di propagazione alle sorgenti ed alle stazioni con tecniche di misura basate sulla similitudine delle forme d’onda dei segnali è stato possibile determinare localizzazioni degli ipocentri dei terremoti estremamente accurate (precisione di alcune decine di metri). Queste misure sono state integrate dalla conoscenza di modelli del sottosuolo derivanti da analisi di proprietà fisiche delle rocce svolte nel laboratorio di Stanford diretto dalla Prof.ssa Tiziana Vanorio. Infine, l’applicazione di una metodologia di imaging multi-scala, e cioè esplorando modelli del sottosuolo via via più complessi a scale spaziali sempre più piccole, ci ha consentito di ottenere un modello del sottosuolo con risoluzione spaziale mai raggiunta in precedenza e che corrisponde a immagini ricostruite con pixel cubici di lato di 250 m fino ad una profondità di circa 5 km.

La maggior parte degli eventi sismici flegrei hanno come ipocentri profondità non superiori ai 3-4 km circa. Con quali tecniche si vede il comportamento delle onde sismiche di questi terremoti a profondità maggiori?

Le localizzazioni dei terremoti ottenute in questo lavoro mostrano eventi con profondità comprese tra 0 e 4 km circa. Abbiamo analizzato circa 13000 eventi accaduti negli ultimi dieci anni. Dalle nostre analisi non si evidenzia una sismicità a profondità maggiori. Considerando la profondità di questi eventi e la distribuzione geografica delle stazioni sismiche in superficie, con tecniche che, utilizzando le fasi sismiche trasmesse, non è possibile investigare maggiori profondità al di sotto della caldera. Un metodo alternativo è quello che utilizza le onde riflesse prodotte da sorgenti artificiali che negli esperimenti del 2001 ci ha consentito di identificare il tetto del serbatoio magmatico principale alla profondità di 7.5 km.

Legenda:

Una vista cartografica della caldera che illustra le isolinee di deformazione, l’anomalia a basso Vp/Vs (corpo arancione) e gli orientamenti del profilo Vp/Vs dei pannelli B e C. La freccia indica la direzione Nord. Spessore e intensità del colore indicano l’entità del sollevamento, l’etichetta indica il sollevamento verticale in cm tra gennaio 2023 e giugno 2024. B Una vista schematica della sezione Vp/Vs lungo il profilo AA’ attraversata dall’isosuperficie dell’anomalia a basso Vp/Vs, interpretata come un giacimento di gas. La freccia indica la direzione Nord. Il giacimento è confinato superiormente dalla roccia di copertura, identificata dall’anomalia ad alto Vp/Vs. La regione al di sotto della Solfatara rappresenta una discontinuità elastica nelle rocce di copertura, evidenziata da valori di Vp/Vs (rappresentati in tonalità di colore giallo-verde) superiori a quelli che caratterizzano il giacimento di gas e inferiori a quelli che caratterizzano la roccia di copertura. Questa zona probabilmente denota un’area di danno strutturale da cui fuoriescono fluidi dal sistema. C – G Evoluzione temporale delle posizioni degli eventi sismici dal 2014 al 2024. Gli eventi sismici sono codificati a colori in base alla profondità, con la dimensione del cerchio indicativa della magnitudo dell’evento. La distribuzione spaziale e temporale della sismicità rivela che i terremoti di bassa magnitudo che si verificano prima sono localizzati principalmente nella roccia di copertura, mentre gli eventi di magnitudo maggiore che si verificano più tardi nel tempo si allineano con le faglie che delimitano la caldera. I dati sorgente del catalogo sismico e i modelli di velocità sono forniti come file di dati sorgente. Mappa di base derivata dai dati Lidar forniti dalla Città Metropolitana di Napoli ( https://sit.cittametropolitana.na.it/ ), concessi in licenza secondo la licenza Italian Open Data License (IODL).

Qual è l’importanza di avere un modello affidabile del sottosuolo flegreo?

Nel caso specifico, l’immagine ad alta risoluzione del sottosuolo flegreo ci ha permesso di ricostruire forma, estensione e proprietà fisiche del giacimento ricco in gas che si estende da circa 2.5 a 4 km di profondità. Lo strato di copertura impermeabile presenta caratteristiche fibro-elastiche studiate in laboratorio, che permettono una trasmissione efficiente delle variazioni di pressione all’interno del serbatoio verso la superficie. La sua forma arcuata e concava verso il basso denota l’effetto della pressione esercitata dal serbatoio sottostante. La correlazione spaziale tra il volume del serbatoio ricco in gas e l’area superficiale, soggetta a deformazione durante il bradisismo, ne spiega l’origine durante la crisi attuale. E’ interessante notare che la sismicità avviene lungo zone di frattura pre-esistenti e che bordano il serbatoio. Nel lavoro mostriamo come nel corso dell’ultimo decennio la sismicità si sia sviluppata al confine del serbatoio in pressione, attivando man mano strutture di faglia ai bordi del volume risorgente.

Questo nuovo modello di sottosuolo tri-dimensionale consentirà inoltre di ottenere localizzazioni più accurate e quindi di seguire l’evoluzione della sismicità con maggiore precisione che con modelli precedenti.

Nella pubblicazione si propone un modello con assenza di magma nei primi 7-8 Km di profondità. Tale può essere considerato valido anche durante le precedenti due crisi (dell’82-84 e del 69-72) o qualcosa è cambiato? A suo parere il diverso tasso di deformazione può indicare un diverso modello interpretativo?

Nella pubblicazione non si indagano profondità maggiori di 4-5 km che sono le massime ottenibili con tecniche tomografiche e dati provenienti dai terremoti locali. Fino a queste profondità i valori delle velocità sismiche delle onde primarie e secondarie non evidenziano volumi significativi di materiale fuso o parzialmente fuso, entro la risoluzione spaziale dell’immagine (pixel di lato 250 m). Per ciò che riguarda le crisi precedenti all’esperimento di tomografia sismica del 2001 (i cui risultati sono illustrati nella pubblicazione Zollo et al. 2008) che per primo ha rivelato la presenza di uno strato magmatico a circa 8 km di profondità, non ci sono evidenze da dati sismici di volumi di magma superficiali, che invece sono stati ipotizzati dall’interpretazione di dati di deformazione del suolo e di misure geochimiche di superficie. Nella crisi attuale la deformazione del suolo appare controllata da variazioni di pressione nel giacimento di rocce ricco in gas nei primi km del sottosuolo senza coinvolgimento diretto del magma.

Nella sua pubblicazione recente si effettua “l’imaging” del sottosuolo ad alta definizione facendo riferimento ad un archivio notevole di dati sismici: è plausibile che i risultati possano includere diversi margini di errore considerando l’incertezza insita in ogni misurazione fisica? Come si risolve tale problematica?

Nel lavoro affrontiamo il problema della stima delle incertezze sui parametri del modello e soprattutto della risoluzione spaziale utilizzando le tecniche più avanzate per la loro stima. Nella sezione dedicata alla descrizione del Metodo e nel materiale supplementare allegato all’articolo documentiamo il lavoro fatto per valutare il grado di incertezza sui modelli ottenuti. Questo consta di svariate simulazioni e test di consistenza che prevedono la variabilità delle misure entro gli errori e dei modelli iniziali nelle procedure di modellazione inversa. Il risultato finale mostra che i modelli ottenuti spiegano le osservazioni con deviazioni minime tra dati osservati e teorici , di pochi centesimi di secondo mentre le incertezze sui valori delle velocità nel sottosuolo ammontano a circa il 5% dei valori determinati in tutte le celle del modello 3D con massima risoluzione. E’ soprattutto sulla base di queste analisi delle incertezze e della risoluzione spaziale che si è ritenuto il modello proposto robusto e affidabile per un’interpretazione quantitativa del legame tra la struttura profonda della caldera ed i processi deformativi in atto. Nel corso degli anni ed anche con la crisi in corso sono state formulate molte ipotesi sull’origine del bradisismo, talune basate su osservazioni deboli altre su congetture non supportate dai dati. La ricca banca dati disponibile dalla sismicità attuale consente di elaborare e validare modelli avanzati, come quello sviluppato nel nostro lavoro fortemente basato sulla fisica e sulle osservazioni.

Nella pubblicazione fa riferimento all’assenza di sismicità tra i 5 e gli 8 km di profondità, non può essere desunta dall’ipotesi che in tale area le condizioni fisiche non siano tali da generare comportamenti fragili nelle rocce anche in modelli che prevedano magma a profondità inferiori di 8 Km?

Per condizioni fisiche delle rocce si intende un comportamento reologico che preclude l’occorrenza di fratture a quelle profondità a causa delle temperature elevate, verosimilmente nell’intervallo 600-800 °C considerando la presenza di materiale parzialmente fuso a 7-8 km di profondità.

In aree vulcaniche rocce basaltiche e ultramafiche possono ancora rompersi fragilmente fino a circa 700 °C, quindi la sola temperatura non basta a spiegare la lacuna sismica fra 5 e 8 km ai Campi Flegrei. Sopra lo strato di magma parzialmente fuso (nel nostro studio del 2008 calcolammo circa 80-90% di materiale fuso), la sovrapressione sulle rocce sovrastanti prodotta dal magma e l’emissione di fluidi possono favorire deformazioni lente e asismiche. D’altronde, una zona ricca di materiale parzialmente fuso e fluidi attenua le onde sismiche, rendendo i micro-terremoti difficili da rilevare. Infine, i limiti di rilevazione della rete sismica possono occultare terremoti di magnitudo molto bassa. In sintesi, la lacuna sismica fra 5 e 8 km può derivare dall’effetto di più processi combinati di stress ridotto, fluidi, forte attenuazione, e sensibilità strumentale, più che da un semplice effetto termico.

Ci vuole dare ulteriori delucidazioni utili sulla sua pubblicazione ?

L’integrazione delle conoscenze sulle proprietà fisiche delle rocce in condizioni di pressione, temperatura e saturazione in fluidi comparabili a quelle delle rocce flegree e metodologie avanzate di imaging 3D e localizzazione dei terremoti sono gli elementi che hanno permesso di raggiungere l’elevata risoluzione e l’accuratezza del modello di sottosuolo. Riveliamo il canale di risalita dei fluidi verso la Solfatara, che alimentano il sistema idrotermale superficiale e causano un’intensa sismicità con eventi più importanti che accadono nelle zone bordiere del cratere. In profondità confermiamo la presenza di un basamento termo-metamorfico costituito da rocce carbonatiche, a partire dalle velocità sismiche misurate. La forma concava verso l’alto al di sotto della caldera, conferma la geometria di questo strato geologico profondo già ricostruito durante gli esperimenti di sismica attiva del 2001.

Cosa ne pensa dell’attuale situazione del bradisismo alla luce dei dati in suo possesso?

Al momento della scrittura di questa intervista (30 Maggio 2025) assistiamo ad una fase di quiescenza del fenomeno sismico che segue di qualche settimana una diminuzione della velocità di sollevamento del suolo. Anche alla luce dei risultati del nostro lavoro, noi pensiamo che siano le variazioni a corto e medio termine della pressione all’interno del serbatoio di rocce ricco in gas e acqua , trasmesse meccanicamente allo strato di copertura, che pilotano la deformazione superficiale durante questa lunga crisi bradisismica, iniziata più di dieci anni fa. Sull’origine più o meno profonda degli input di pressione all’interno del giacimento è necessario fare ulteriori studi sperimentali e simulazioni, così come sarà necessario ripetere sondaggi di sismica a riflessione per investigare la struttura del vulcano a profondità maggiori di 5 km.

Bibliografia

Zollo, A., N. Maercklin, M. Vassallo, D. Dello Iacono, J. Virieux, and P. Gasparini (2008), Seismic reflections reveal a massive melt layer feeding Campi Flegrei caldera, Geophys. Res. Lett., 35, L12306, doi:10.1029/2008GL034242.

Scotto di Uccio, F., Lomax, A., Natale, J., Muzellec, T., Festa, G., Nazeri, S., Convertito, V.,   Bobbio, A.,  Strumia, C and A. Zollo (2024). Delineation and fine-scale structure of fault zones activated during the 2014–2024 unrest at the Campi Flegrei caldera (Southern Italy) from high-precision earthquake locations. Geophysical Research Letters, 51, e2023GL107680. https://doi.org/10.1029/2023GL107680

De Landro, G., Vanorio, T., Muzellec, T., Russo, G., Lomax, A., Virieux, J., Zollo, A., 2025. 3D structure and dynamics of Campi Flegrei enhance multi-hazard assessment. Nature Communications 16, 4814. https://doi.org/10.1038/s41467-025-59821-z

A conclusione di questo contributo desidero ringraziare il Prof A.Zollo per la sua cortesia e disponibilità.

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Pierluigi Musto
Pierluigi Musto nasce a Napoli il 27 luglio 1962, dopo il diploma di maturità al liceo scientifico si laurea in Scienze Geologiche e si abilita alla professione di Geologo. Si abilita all’insegnamento in Matematica alle scuole medie e in Geografia per gli istituti tecnici. Dal 2007 è docente in ruolo in matematica e scienze nella provincia di Napoli. E’ autore del sito www.campiflegrei.eu. E' autore del libro :" Elementi di Geologia dei Campi Flegrei e della Piana Campana" Da numerosi anni si interessa della promozione del territorio flegreo collaborando tra l’altro nell’organizzazione dell’evento ricorrente “Malazè”. Collabora con numerose associazioni locali nella didattica e divulgazione della geologia dei Campi Flegrei.
http://www.campiflegrei.eu

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