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Festival di Licola del 1975: la Woodstock italiana che cambiò il movimento studentesco (I parte)

“Quello di Licola è il concerto da cui ho imparato più cose”.

Francesco De Gregori, cantautore

Quattro giorni di musica e politica che contribuirono a cambiare il pensiero del movimento studentesco italiano e delle formazioni extraparlamentari di sinistra a metà degli anni ’70. Un evento con la partecipazione di 100mila persone, ricordato come una delle più grandi manifestazioni post ’68.

Dal 18 al 21 settembre del 1975 si svolse a Licola, a Pozzuoli, nell’area metropolitana di Napoli, il Festival del Proletariato giovanile organizzato da Cub (Comitati Unitari di Base vicini), Cps (Comitati Politici Studenteschi organici) e Cpu (Comitati Politici Unitari), sigle protagoniste del movimento studentesco nei primi anni ’70. Organizzazioni che facevano capo rispettivamente ai movimenti politici Avanguardia Operaia, Lotta Continua e Partito di Unità Proletaria per il Comunismo.

Al Festival aderirono altre sigle della Sinistra: Movimento Studentesco, Partito Radicale, Circoli la Comune, Circoli Ottobre, Circoli di Unità Proletaria, Fuori! la rivista del Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano, Il Manifesto, la redazione della rivista musicale Muzak e Stampa Alternativa.

Molti ricordano il nudismo, gli spinelli, le tende sulla spiaggia, l’amore libero e i fiumi di alcool: la libertà totale che nell’immaginario collettivo si associa all’americana Woodstock. Eppure il Festival è stato molto di più e chi ricorda quei momenti sa che quella manifestazione è stato uno spartiacque politico, sociale e culturale importante: un evento che ha cambiato il modo di pensare di una generazione che voleva fare la rivoluzione. Cosa accadde in quei giorni?

Il contesto storico

Si è nel pieno della Guerra Fredda e della decolonizzazione. Nel 1975 i vietcong mandano via gli americani e scricchiolano i regimi dittatoriali in Spagna e Portogallo. In Italia le organizzazioni armate di destra e sinistra si scontrano provocando morti e feriti: è la prima fase di quelli che saranno ricordati come gli “Anni di Piombo”. È il periodo del “compromesso storico” del Pci di Berlinguer che alle regionali di giugno raggiunge il risultato storico del 33%. Vengono approvate leggi importanti: la maggiore età passa da 21 a 18 anni e la riforma del diritto di famiglia sancisce la parità tra uomo e donna nel matrimonio. La Legge Reale dà più poteri alle forze dell’ordine e viene introdotto il fermo giudiziario. Il 2 novembre viene ammazzato, in circostanze tuttora misteriose, il poeta Pier Paolo Pasolini. A dicembre il Parlamento approva la legge sugli stupefacenti che stabilisce la distinzione tra droghe leggere e pesanti. 

Licola nella storia della musica italiana

Il Festival di Licola è considerato come uno dei più importanti eventi della storia della musica italiana. Felice Liperi in “Storia della canzone italiana” – edito da Rai Eri nel 2016 – scrive che “L’altra novità del periodo è il consumo collettivo della musica in grandi raduni che stanno a metà strada tra l’intrattenimento musicale e l’assemblea politica. Non a caso in questo periodo spesso sono le stesse organizzazioni dell’estrema sinistra a organizzare questi grandi incontri: Licola, Parco Lambro, Villa Pamphili sono i “luoghi” dove si ritrova la maggior parte delle formazioni e dei protagonisti del movimento progressive”.

Altri storici della musica confermano. Alessandro Sessa nel suo “Gioia e rivoluzione. Interrelazioni tra musica pop e universo giovanile nell’Italia della contestazione”, sottolinea: “Licola, uno straordinario evento musicale e sociale, forse il più incredibile esperimento di socializzazione che la nuova sinistra sia riuscita ad organizzare. A Licola si diedero appuntamento oltre settantamila persone che per quattro giorni discussero di politica, inventarono mille modi diversi per vivere insieme senza tensioni e scontri di alcun genere, provando, allo stesso tempo, a sperimentare stili di vita completamente diversi da quello quotidiano”.

Aldo Cazzullo, giornalista del Corriere della Sera nel libro “I ragazzi che volevano fare la rivoluzione” edito da Mondadori nel 1998 – scriverà che a Licola “si cantano l’Internazionale e Bandiera Rossa, inni partigiani e rivoluzionari, ma anche rock e folk”.

Sulla scia di Woodstock

Il Festival di Licola, diversamente dagli altri raduni – come Woodstock nel 1969 e quello dell’Isola di Wight – non fu un evento di sola musica, ma un grande evento politico. Non fu organizzato da privati ma da studenti politicizzati: per questo motivo è considerato il primo festival pop in Italia del genere e per questo diverso anche dal Festival del Parco Lambro di Milano organizzato dalla rivista underground Re Nudo.

Il programma politico

“Quattro giorni di politica, di musica, di festa organizzate dalle avanguardie studentesche” – così recitava il manifesto – “Vogliamo che sia un grande incontro tra giovani studenti e proletari, del nord e del sud, per preparare le lotte di quest’anno, per verificare insieme le idee e le proposte di una nuova via e di una nuova cultura”. 500 lire il costo del biglietto per i quattro giorni. Non tutti pagheranno l’ingresso, come si usava all’epoca: una forma di contestazione al sistema commerciale della musica.

Come raccontano le cronache alcuni dibattiti durarono ore e non si esaurirono in una sola giornata. Si discusse di temi come “Condizione giovanile e droga”, “Liberazione della sessualità e dei rapporti umani”, “Liberazione delle donne”. Non mancarono i temi internazionalisti come il focus sull’“Esperienza portoghese”.

Radio Licola e la musica

Simbolicamente aprì il festival la canzone Mercedes Benz della cantante americana Janis Joplin, scomparsa per overdose qualche anno prima e simbolo della contestazione. A trasmetterla fu “Radio Licola” allestita dalla rivista Muzak. La radio trasmetteva i dibattiti, la musica, interventi politici, il programma e informazioni di servizio.

Il primo giorno di concerti spazio alla musica di Napoli. Si esibiscono Tony Esposito, Concetta Barra, i Zezi – Gruppo operaio di Pomigliano. Si finisce a notte fonda a ballare le tammurriate sulla spiaggia. C’è anche Napoli Centrale con James Senese e c’è chi giura che tra i fonici del gruppo ci sia un giovanotto di nome Pino Daniele. In quei giorni salirono sul palco Alfredo Cohen, cantante esponente della cultura omosessuale, il jazzista Giorgio Gasilini, Josè Alfonso con la sua “Grândola vila morena”, canzone simbolo della rivolta portoghese, Angelo Branduardi, Francesco De Gregori, Giovanna Marini, il Canzoniere del Lazio e Alan Sorrenti. Diede forfait all’ultimo momento Antonello Venditti.

Di pomeriggio spazio al teatro impegnato e di notte proiezioni di opere autoprodotte e film in voga come il cileno “Tierra prometida” del 1972. Gli organizzatori pensarono di organizzare due palchi. Il primo, quello più grande e centrale per i concerti della sera e un altro, più piccolo, dove era possibile l’esibizione libera. Il cuore della festa si concentrava intorno al palco centrale con gli stand informativi, mostre fotografiche, cucina e infermeria.

Un padre costituente sulla spiaggia di Licola

Al Festival ci fu un pubblico variegato, non tutti i partecipanti erano legati ai gruppi politici. Molti affluirono sulla spiaggia per vivere un clima di libertà e per ascoltare musica. Ci fu anche un ospite inatteso: Umberto Terracini, autorevole dirigente del Partito Comunista Italiano, presidente dell’Assemblea Costituente e nove volte senatore del Partito Comunista. Storica la sua foto al momento della firma della Costituzione insieme al Capo dello Stato Enrico De Nicola e al Presidente del Consiglio dei Ministri Alcide De Gasperi. A ottanta anni arriva a Licola invitato da suo figlio, Massimo, che faceva parte del movimento. Si intrattenne un paio di ore insieme ai ragazzi. Da autentico comunista voleva conoscere il modo di fare politica di quei giovani.

Il nudismo tra spiaggia e pineta

In quelle giornate di fine estate napoletana fu possibile dormire in tende sulla spiaggia o in pineta. Il nudismo esplose e non fu più, almeno per quei ragazzi, un tabù. Il secondo giorno un episodio ricordato da tanti: due poliziotti si presentarono sulla spiaggia e tentarono il riconoscimento di alcune ragazze nude. In pochi secondi le forze dell’ordine furono circondate da centinaia di ragazzi nudi che scandirono in coro: “nudi sì, ma contro la Dc!”. Le guardie si allontanarono lasciando indisturbato il Festival per tutta la sua durata. Dopotutto sarebbe stato impossibile garantire l’ordine pubblico. Anche per questo girarono acidi e altri tipi di droghe.

Droga, femminismo, rapporto con l’arte: l’inizio della fine

Uno dei temi affrontati nei dibattiti era la droga. Tema difficile per le forze politiche. Lotta Continua aveva spesso preso le distanze dalle sostanze stupefacenti considerate come strumenti del sistema per indebolire le donne e gli uomini che si preparavano per la rivoluzione. Tuttavia Licola fu l’esempio di come la droga – e non solo quella cosiddetta leggera – girava anche nei gruppi politici.

Stessa intensità ottennero le discussioni su sessualità e femminismo. E poi ancora si aprì il dibattito tra arte e soldi: molti ritenevano che l’arte dovesse essere lontana dalle speculazioni commerciali e i musicisti dovevano esibirsi gratuitamente.

Quello che emerse in questo enorme confronto nato sulla spiaggia ebbe grandi ripercussioni nei mesi successivi nelle sedi politiche e tra le pagine di quotidiani e riviste. Per la prima volta le più importanti sigle politiche del dissenso avevano discusso fuori dai contesti usuali e insieme a giovani provenienti da esperienze meno caratterizzate politicamente.

Probabilmente in questo momento alto di partecipazione qualcosa iniziò a rompersi: le formazioni politiche nate oltre l’ortodossia del Partito Comunista non riuscirono a interpretare pienamente il disagio che iniziava a venire fuori.

Luigi Manconi, più volte senatore per i Verdi e il Pd, con un passato in Lotta Continua, ha messo a fuoco il problema in uno dei suoi libri: “Corpo e anima. Se vi viene voglia di fare politica” (Minimum fax, 2016): “Quella della conciliazione tra vita privata e vita pubblica e tra sentimenti e razionalità politica resta un nodo irrisolto e, probabilmente, irrisolvibile. Il Festival di Licola fu il tentativo generoso e sfrontato di scioglierlo, quel nodo, e allo stesso tempo la conferma dell’impossibilità di una soluzione”.

“Rosso”, il quindicinale dell’autonomia, scriveva a proposito di Licola: “Il primo sintomo di ingovernabilità del cosiddetto proletariato giovanile. In una spiaggia-polverone vicino a Napoli, i primi episodi di ribellione”.

Leggi anche:

Festival di Licola del 1975 – II parte. Il direttore artistico Sergio Martin: “Fu un evento politico, di musica e di libertà assoluta”

Festival di Licola del 1975 – III parte. Napoli, la droga e il proletariato. intervista a un militante

Chiunque voglia lasciare una testimonianza o foto del Festival può mettersi in contatto con la redazione@quicampiflegrei.it

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Ciro Biondi
Giornalista, scrive prevalentemente di attualità, sociale, cultura, turismo e ambiente. E' responsabile dell'Ufficio Comunicazione della Caritas Diocesana di Pozzuoli. Ha collaborato con quotidiani e periodici. E’ specializzato in comunicazione sociale e istituzionale. Si è occupato di uffici stampa ed è presidente dell'associazione di promozione sociale Dialogos. Con le scuole e le associazioni promuove incontri su legalità, volontariato, solidarietà tra i popoli, dialogo tra le religioni e storia. E' laureato in Lettere con una tesi in Storia Medievale. E' docente di scuola statale secondaria di secondo grado. Ha ottenuto vari riconoscimenti per l'attività giornalistica. Per il suo impegno sociale, culturale e professionale nel 2013 il Capo dello Stato lo ha insignito dell'onorificenza di cavaliere della Repubblica.
http://www.cirobiondi.it

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