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Pozzuoli. Il gruppo Together e la bellezza della condivisione

La Diocesi di Pozzuoli, tra le tante iniziative per il sociale, offre la possibilità ad alcune realtà aggregative di avere un proprio spazio da sfruttare per scopi comunitari e di unione. Uno di questi è il gruppo Together, un progetto nato nel 2015 dalla volontà di alcuni ragazzi di far musica e divertirsi insieme. Il gruppo si riunisce nel teatro sottostante la parrocchia del Villaggio del Fanciullo, ed è li che svolgono le loro attività.

Per conoscere a fondo la realtà di Together e il suo scopo, ho incontrato il co-fondatore del gruppo, Nicola Currarone.

Together, nomen omen, dicevano i latini.

Logo Together

Esatto. Together in inglese significa insieme ed è proprio quello che vogliamo trasmettere. Vogliamo comunicare la voglia di stare insieme. Anche il nostro logo, ad esempio, è la rappresentazione della condivisione: è una barca che rappresenta la chiesa, che ci porta ovunque vogliamo.

Com’è nato il gruppo Together e qual è la sua mission?

Il gruppo Together nasce dall’esigenza di poter creare spazi comunitari, di aggregazione e di condivisione. Sono stato molto influenzato dalle diverse giornate mondiale della gioventù cui ho partecipato. La prima, a Toronto, in Canada, mi ha dimostrato che c’erano ragazzi da ogni parte del mondo, anche di religioni diverse, animati dalla voglia di stare insieme e con lo stesso intento di condivisione. È stato bello comprendere che la diversità è una fonte di ricchezza. Le GMG  – giornata mondiale della gioventù, ndr –  sono sempre state spunto di più riflessioni e di desiderio di creare qualcosa di simile nel contesto sociale più vicino a me. La mission del gruppo è proprio questa, riunire più persone con più talenti da condividere, in modo che si possa creare qualcosa di bello. Ognuno mette a disposizione ciò che sa fare. L’arte è espressione dell’uomo, l’uomo ha bisogno di comunicare e condividere col prossimo. Quando accade questo c’è una ricchezza e un confronto che fa solo bene.

Hai creato da solo questo gruppo?

L’idea, l’ispirazione, se vogliamo, è venuta a me e dal mio bagaglio di esperienze di vita. Il primo ad esser coinvolto in questo progetto è stato il mio amico e musicista Salvatore Pone. Lui è l’altra metà di questo progetto, perché senza di lui non l’avrei potuto fare. Io ci ho messo magari l’organizzazione, l’impegno, la volontà, lui ci ha messo la capacità di render reale tutto.

Come avete ottenuto la gestione del teatro sottostante la chiesa del Villaggio del Fanciullo?

Anni fa, nella mia parrocchia incontrai il Vescovo Monsignor Gennaro Pascarella, che fece una catechesi sulla comunità parrocchiale. Gli dissi che notavo l’esigenza di creare movimenti dove vengano coinvolti i giovani delle parrocchie che possano confrontarsi ed aprirsi a tutti gli altri, ma non solo nei gruppi delle parrocchie stesse. Il vescovo accettò la mia idea e dopo un po’ mi invitò a proporre delle cose insieme a degli amici. Per noi è stato fondamentale l’aiuto di Don Pasquale di Giglio, il direttore dell’ufficio per la catechesi e l’evangelizzazione della Diocesi di Pozzuoli e Parroco della Chiesa del Buon Pastore a Fuorigrotta, che ci ha preso sotto la sua ala protettiva. Durante un’esibizione per la Giornata della Vita dell’anno scorso, lui ci vide, gli piacemmo e ci propose di far parte dell’ufficio per la catechesi e l’evangelizzazione. Noi gli dicemmo subito di si e si impegnò per trovare una struttura da concederci.

Da quanto tempo avete in gestione il teatro?

Da fine novembre 2017. La struttura c’era, anche con i climatizzatori e i bagni, ma era tutto in disuso da anni. Abbiamo sistemato tutto ciò che non funzionava e abbiamo apportato alcuni cambiamenti necessari per il teatro, come l’aggiunta di casse e  mixer. Abbiamo sistemato le sedute, creato nuove linee di corrente, sistemato o sostituito i fari che non funzionavano, abbiamo ristrutturato i bagni e l’impianto di climatizzazione. Abbiamo anche installato un proiettore e dei pannelli insonorizzanti.

Quali iniziative o progetti portate avanti con questo gruppo?

Noi abbiamo creato il nostro progetto musicale, un musical sulla vita di Cristo. È un musical che racconta in diverse tappe tutta la vita del Salvatore, un modo per poter raccontare e dire la nostra in un contesto cattolico – cristiano. Certo, è una storia trita e ritrita che tutti  conoscono, ma noi lo proponiamo in maniera moderna. Il primo atto è finito tutto, stiamo finendo il secondo ed il terzo atto. Quando abbiamo portato il primo atto in giro per le parrocchie, che dura un paio d’ore, le persone lo hanno molto apprezzato e non si sono neanche accorti che il tempo passava. In effetti questo musical è una novità: la vita di Cristo viene rappresentata con i musicisti sul palco, c’è la batteria, una tastiera, una chitarra, un basso e ogni musicista interpreta un personaggio della storia, non sono da contorno. Abbiamo Erode con la chitarra! Devo dire che è piaciuto ciò che si ascolta e che si vede che è frutto della condivisione.

Il vostro musical ripropone una storia vecchia di millenni, in modo, però, da appassionare i giovani. Come siete riusciti a trovare quell’elemento che faccia scattare nei giovani la reazione “si, partecipo”?

Noi abbiamo un gruppo di 50 persone, di cui 30 sono attivi nel musical. Non facciamo solo questo musical, ma anche altri eventi, come le jam session, che servono proprio ad attrarre anche altre persone in modo che non “scappino” a causa dei loro pregiudizi sul cristianesimo o sulla religiosità in generale. Anche Salvatore, che gira per i locali con il proprio progetto, fa da filtro. Lui è un musicista, ma partecipa anche al gruppo Together, e questo connubio incuriosisce le persone. La maggior parte dei ragazzi che partecipano al musical li ho reclutati alle serate di Salvatore: si presentavano dei ragazzi a cantare e io ho proposto loro questo musical e hanno accettato in maniera entusiasta. È importante anche come comunicare alle persone, e con lo spirito giusto riesci ad appassionarle e coinvolgerle: se gli parli di Cristo come un qualcosa che è naturalmente gioioso, susciti la curiosità delle persone perché poni la cosa in modo diverso e nuovo.

Voi usufruite di questo spazio messo a disposizione dalla Diocesi. Non pensi che qualche laico o ateo possa precludersi la possibilità di partecipare ad uno spettacolo o ad una jam session perché intravede la presenza di un sentimento religioso dietro al gruppo?

Noi abbiamo laici che partecipano la musical, non credono nella religione, ma partecipano lo stesso. Una proposta del tipo “vuoi venire a messa” potrebbe risultare fuori luogo per un non credente, ma noi gli proponiamo di condividere un momento musicale, che non è un momento religioso o moralista, ma è un modo come un altro per stare insieme. Non veniamo a fare messa, nella condivisione con gli altri facciamo la nostra messa.

I prossimi progetti?

Tra i prossimi progetti rientra sicuramente terminare la stesura del musical. Ci stiamo anche focalizzando molto sulle Jam Session, che funzionano molto bene e attraggono sempre un gran numero di persone.

Quando farete la prossima Jam Session?

La faremo a fine aprile, il 25 per l’esattezza.

 

Con questo nuovo spirito e con queste nuove iniziative, credi che la Chiesa possa attrarre di nuovo i giovani al suo interno?

Può accadere, ma più che dire bisogna fare, i ragazzi vanno dove si fanno le cose. Cristo è un orientamento troppo lontano ed antico, seppur vivo oggi, ma bisogna saperlo rinnovare, bisogna saperlo condividere e comunicare. I grandi sermoni ormai non solo stancano, ma non servono più.

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Ilaria D'Alessandro
Laureata in Scienze della Comunicazione, sta facendo del giornalismo la sua professione e svolge attività di consulenza per la comunicazione. Le sue passioni sono i libri, gli spettacoli teatrali, il cinema e la musica.

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