
UN’ALTRA VOLTA (a est dell’equatore) di Bruno Esposito è la narrazione analitica delle allucinazioni di cui l’autore fu oggetto durante l’estate del 2023, mentre era in vacanza con la moglie in Costiera Amalfitana, a seguito di un carcinoma al cervello. Il racconto di un’esperienza di cui Esposito, ingegnere elettronico che per venticinque anni ha lavorato alla Olivetti, in maniera lucida e distaccata ripercorre i momenti che precedettero il manifestarsi del male e quelli dell’attesa dell’intervento all’Ospedale del Mare di Napoli da parte del professor Catapano.
Come si conviene a una mente razionale di un ingegnere, analizzando le varie allucinazioni l’autore le classifica con il termine triplete per indicare che esse furono di tre tipi: uditive, olfattive e visive.
Analizzandole una dopo l’altra Esposito tende a dimostrare come gli elementi che le caratterizzarono quasi certamente albergassero da tempo nel proprio inconscio. In ognuna vi riconosce aspetti che hanno segnato la propria vita, a partire dall’investimento da parte di un auto mentre, ragazzino, era in vacanza in Cilento con la famiglia, riportando una profonda ferita al lobo destro del cranio, quella stessa zona dove, in età adulta, si andrà poi a sviluppare il male. È come se il proprio inconscio, ricordando quanto accadde molti anni prima in quello stesso punto della testa, si ridestasse e riportasse le drammatiche fasi dell’investimento.
In maniera analitica, senza mai cedere alle emozioni che spesso colgono l’individuo mentre ripercorre fasi critiche della propria esistenza, l’autore viviseziona ogni allucinazione nei minimi dettagli quasi non fosse la sua mente a generarle. È come se gli occhi che le osservano, oggetto di una delle allucinazioni, fossero quelli di uno spettatore esterno. Ed è in questa fase del libro che viene alla mente L’INTERPRETAZIONE DEI SOGNI DI FREUD dove il padre della psicanalisi analizza i sogni dei suoi pazienti, dando l’impressione che stesse facendo un inventario di ciò che è riposto nelle loro anime.
Ma sbaglierebbe chi pensasse che il libro di Esposito è una mera cronaca delle sue allucinazioni. L’autore a un certo punto affronta un argomento che meriterebbe d’essere sviluppato in un libro a parte: la fragilità dell’individuo quale elemento di resilienza. Essere consapevoli che le proprie fragilità possono essere motivo di rinascita interiore, e dunque porci sulla strada di una nuova vita, se diventassero oggetto di riflessione e non di frustrazione.
È qui che l’ingegnere lascia spazio all’uomo con le proprie fragilità e insicurezze, iniziando un interessante discorso su come un’esperienza drammatica come quella da lui vissuta, che obbliga a confrontarsi in ogni istante della vita con la morte, può risolversi in un pretesto di crescita interiore e di aggregazione sociale…
Nel libro l’autore non manca di elogiare il SSN e i suoi operatori contravvenendo ai luoghi comuni secondo cui la sanità pubblica è allo sbando. Anche in questo caso lo fa in maniera lucida e tecnica, soprattutto quando analizza la struttura architettonica dell’Ospedale del Mare.
Seppure il libro è composto da non più di una sessantina di pagine, la sua sostanza è tale che molteplici sono gli spunti di riflessione che suscita la lettura.
Vi invito a leggerlo perché è un libro vero che pone ognuno di noi davanti alla realtà di quanto fragile sia l’esistenza umana. Una realtà che, se acquisita, potrebbe aiutarci a essere migliori; a vedere nell’altro un compagno di viaggio da sostenere e aiutare con cui condividere il proprio cammino verso l’ignoto. Anziché un antagonista da sopraffare.