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Ipazia: una donna libera fino al martirio

Ogni anno l’8 marzo ricorre la Giornata internazionale dei diritti della donna, per ricordare sia le conquiste sociali, economiche e politiche, sia le discriminazioni e le violenze di cui le donne sono state e sono ancora oggetto in ogni parte del mondo.

Ogni anno scrivo un articolo per “riflettere” sui diritti, sulla parità di genere e, purtroppo, anche sulla violenza e per “non dimenticare” il grande contributo di energia, creatività e passione che le donne offrono alla società.

Quest’anno dedico il mio articolo ad una donna eccezionale vissuta in una società che lasciava pochissimo spazio alle donne. La sua tragica fine ha creato su di lei un vero mito facendone il simbolo del libero pensiero represso dall’oscurantismo religioso.

Ipazia di Alessandria

Ipàzia, nasce ad Alessandria d’Egitto tra il 355 e il 377 (la data è incerta) e muore nel marzo del 415.

Matematica, astronoma e filosofa greca antica, Ipazia fu una professoressa universitaria denunciata dai dignitari ecclesiastici e fatta a pezzi dai cristiani. Ancora oggi, a 1600 anni dalla sua uccisione per mano di fanatici religiosi, è considerata un simbolo della libertà di pensiero.

Fin da piccola studiò nella enorme biblioteca d’Alessandria dove insegnava suo padre, il filosofo Teone e ben presto fu a capo della Scuola Alessandrina.

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Interno dell’antica Biblioteca di Alessandria secondo un’incisione ottocentesca di fantasia dell’artista tedesco O. Von Corven.

Nonostante l’assenza di suoi scritti, altri filosofi del tempo ne parlano come una delle menti più avanzate esistenti allora.

Donna di enorme cultura, rappresentante della filosofia neo-platonica, la sua uccisione da parte di una folla di cristiani in tumulto l’ha resa secondo il teosofo Augusto Agabiti una «martire della libertà di pensiero».

Ipazia era solita indossare il mantello del filosofo ed andare nel centro della città per commentare pubblicamente con tutti coloro che desiderassero ascoltarla Platone, Aristotele o qualche altro filosofo.

Ipazia era molto bella, giusta e casta e rimase sempre vergine. Così il poeta Pallada di Alessandria rendeva omaggio alla filosofa di Alessandria: “Quando ti vedo mi prostro davanti a te e alle tue parole, vedendo la casa astrale della Vergine, infatti verso il cielo è rivolto ogni tuo atto Ipazia sacra, bellezza delle parole, astro incontaminato della sapiente cultura”.

Ipazia arrivò a formulare anche ipotesi sul movimento della Terra, e viene ricordata anche come inventrice dell’astrolabio, del planisfero e dell’idroscopio, strumento con il quale si può misurare il diverso peso specifico dei liquidi.

In filosofia aderì alla scuola neoplatonica, non si convertì mai al cristianesimo (uno degli elementi che la condannò a morte).

Oltre a tradurre e divulgare molti classici greci, tra i quali le opere di Euclide, Archimede e Diofanto, insegnò e divulgò fra i suoi discepoli le conoscenze matematiche, astronomiche e filosofiche all’interno del Museo di Alessandria, che a quel tempo era la più importante istituzione culturale esistente.

Ipazia venne lapidata in una chiesa nel marzo del 415 in nome della crescente religione cristiana, da una folla di fanatici.

La filosofia di Ipazia

Purtroppo a causa di uno dei tanti incendi che distrusse la biblioteca di Alessandria di lei non sono rimasti scritti, perciò è difficile ricostruire il pensiero filosofico di Ipazia, occorre fare riferimento agli scritti del suo allievo Sinesio di Cirene, filosofo, vescovo e scrittore greco antico, neoplatonico divenuto poi vescovo di Tolemaide di Libia.

Sinesio rimase devotissimo alla sua maestra per tutta la vita. Ipazia gli avrebbe insegnato a considerare la filosofia “uno stile di vita, una costante, religiosa e disciplinata ricerca della verità”. (Jay Bregman, Synesius of Cyrene).

Socrate Scolastico, scrivendo intorno al 440, indica che ad Alessandria l’unica erede del platonismo interpretato da Plotino, filosofo greco, massimo rappresentante del neoplatonismo antico, era stata Ipazia: “era giunta a tanta cultura da superare di molto tutti i filosofi del suo tempo, a succedere nella scuola platonica riportata in vita da Plotino e a spiegare a chi lo desiderava tutte le scienze filosofiche. Per questo motivo accorrevano da lei da ogni parte tutti coloro che desideravano pensare in modo filosofico”.

Anche Damascio, filosofo bizantino, che alla fine del V secolo si stabilì ad Alessandria scrive di Ipazia affermando: “di natura più nobile del padre, non si accontentò del sapere che viene attraverso le scienze matematiche a cui era stata introdotta da lui ma, non senza altezza d’animo, si dedicò anche alle altre scienze filosofiche. La donna, gettandosi addosso il mantello e uscendo in mezzo alla città, spiegava pubblicamente a chiunque volesse ascoltarla Platone o Aristotele o le opere di qualsiasi altro filosofo”.

L’uccisione di Ipazia

Ipazia, pur non essendo un’estremista è vissuta in un’epoca di conflitti. Il IV secolo d.C. è stato il più importante momento di rottura tra la fine del mondo pagano e l’inizio del cristianesimo.

Nel 380 d.C. Teodosio e Valeriano avevano emanato l’editto di Tessalonica che rendeva il cristianesimo la religione ufficiale proibendo le eresie e i culti pagani.

Ma questo editto non riuscì a sradicare il paganesimo immediatamente, anzi lo rese molto più forte.

Teofilo patriarca di Alessandria fu il più sollecito nel richiedere l’intervento imperiale contro i pagani.

Illustrazione della Cronaca universale alessandrina: il vescovo Teofilo di Alessandria in piedi sul Serapeo distrutto dai suoi fanatici seguaci

Nel 391 distrusse vari templi pagani, tra cui il Mitreo e il tempio di Dioniso e con i suoi seguaci sfilò per le strade di Alessandria con gli oggetti sacri prelevati nei templi, compiendo atti di dileggio e provocando l’ira dei pagani, che aggredirono i cristiani costringendoli a rinchiudersi nel Serapeo.

L’imperatore Teodosio inviò una lettera a Teofilo, nella quale gli chiedeva di concedere il perdono ai pagani che avevano aggredito i cristiani, ma, in risposta, Teofilo fece abbattere il tempio del Serapeo.

Il vescovo Cirillo

Alla morte di Teofilo salì al soglio episcopale Cirillo nel 412 d.C. Secondo lo storico Socrate Scolastico Cirillo acquistò “molto più potere di quanto ne avesse avuto il suo predecessore» e il suo episcopato «andò oltre i limiti delle sue funzioni sacerdotali“.

Espulse gli ebrei dalla città, chiuse le chiese dei novaziani, confiscandone il vasellame sacro.

Secondo alcuni storici cristiani, Ipazia sarebbe stata diffamata, e accusata con calunnia di essere una delle cause del conflitto tra Oreste e Cirillo.

In realtà l’omicidio di Ipazia avviene in una città divisa tra l’autorità del prefetto imperiale Oreste e quella del vescovo Cirillo, che si contendevano l’influenza su Alessandria.

Socrate Scolastico nel VII libro della sua Storia ecclesiastica riporta che Ipazia, oltre che una stimata studiosa era, per Oreste, anche una persona di fiducia.

Sia Oreste che, ovviamente, il vescovo Cirillo erano cristiani per cui cade l’ipotesi che si sia trattato di un’uccisione a sfondo religioso ma si inserisce nel contesto di una contesa prettamente politica. 

Oreste assunse la magistratura ad Alessandria d’Egitto nel 415 e si scontrava spesso con il vescovo di Alessandria, Cirillo.

Il vescovo Cirillo

Quando Oreste fece punire pubblicamente a teatro il grammaticus Ierace, uno dei più accesi sostenitori di Cirillo questi fece espellere tutti gli ebrei da Alessandria, allora Oreste si rivolse all’imperatore rigettando tutti i tentativi di conciliazione del vescovo alessandrino.

Oreste era in buoni rapporti con Ipazia esponente di spicco della cultura pagana alessandrina. È probabile che il suo linciaggio per mano di una folla di monaci inferocii avvenne perché si sospettava che istigasse Oreste a non riconciliarsi con Cirillo.

Infatti lo storico della Chiesa Socrate Scolastico riferisce che Ipazia “s’incontrava alquanto di frequente con Oreste, l’invidia mise in giro una calunnia su di lei presso il popolo della chiesa, e cioè che fosse lei a non permettere che Oreste si riconciliasse con il vescovo”.

Giovanni di Nikiu, un vescovo cristiano copto attivo ad Alessandria nel VII secolo, nel suo “Cronaca” scredita Ipazia definendola una strega: “In quei giorni apparve in Alessandria un filosofo femmina, una pagana chiamata Ipazia, che si dedicò completamente alla magia, agli astrolabi e agli strumenti di musica e che ingannò molte persone con stratagemmi satanici.

Il governatore della città l’onorò esageratamente perché lei l’aveva sedotto con le sue arti magiche. Il governatore cessò di frequentare la chiesa come era stato suo costume. Ad eccezione di una volta in circostanze pericolose. E non solo fece questo, ma attrasse molti credenti a lei, ed egli stesso ricevette gli increduli in casa sua”.

È in questo clima che maturò l’omicidio di Ipazia, così scrive Socrate Scolastico: “un gruppo di cristiani dall’animo surriscaldato, guidati da un predicatore di nome Pietro, si misero d’accordo e si appostarono per sorprendere la donna mentre faceva ritorno a casa. Tiratala giù dal carro, la trascinarono fino alla chiesa che prendeva il nome da Cesario; qui, strappatale la veste, la uccisero usando dei cocci.

Dopo che l’ebbero fatta a pezzi membro a membro, trasportati i brandelli del suo corpo nel cosiddetto Cinerone, cancellarono ogni traccia bruciandoli. Questo procurò non poco biasimo a Cirillo e alla chiesa di Alessandria. Infatti stragi, lotte e azioni simili a queste sono del tutto estranee a coloro che meditano le parole di Cristo.”

Fu durante l’Illuminismo che molti autori hanno iniziato a ricordare il suo nome, la sua libertà di pensiero e l’alto livello a cui erano giunti i suoi studi e così da allora viene ricordata come un simbolo della libertà di pensiero e dell’indipendenza della donna, oltre che come martire del paganesimo e in generale del dogmatismo fondamentalista.

Al suo nome è dedicato il Centro Internazionale Donne e Scienza, creato nel 2004 dall’UNESCO a Torino per sostenere lo studio, la ricerca e la formazione in particolare delle donne scienziate del Mediterraneo.

Nel 2009, il regista Alejandro Amenabar ha diretto il film Agora con l’attrice Rachel Weisz nei panni di Ipazia. Pur con alcune inesattezze, il film rende bene la figura di Ipazia.

In rassegna le donne del “no”  Cinema da Ipazia a Rosa Parks
Una bella immagine di Rachel Weisz nei panni di Ipazia.

Biblioteca di Alessandria d’Egitto

Oggi la biblioteca stata ricostruita grazie al progetto costato oltre duecento mila dollari, sponsorizzato dall’UNESCO – l’Organizzazione Culturale delle Nazioni Unite e finanziato con donazioni arrivate da tutto il mondo sotto forma di soldi, ma anche di libri.

I lavori sono iniziati nel 1995, dopo che nel 1989 una società norvegese (Snohetta) si era aggiudicata il concorso internazionale per la progettazione dell’edificio.

L’edificio è stato collocato dove un tempo sorgeva l’antica Biblioteca, precisamente nei pressi di Silsila. La Biblioteca s’ispira ad un sole illuminato che sorge dal mare. I soffitti sono stati costruiti in alluminio anodizzato, a prova d’incendio.

La Biblioteca possiede più di un milione di testi scientifici, un istituto per il restauro dei libri antichi, una scuola d’informatica, sale per riunioni e congressi, un parcheggio sotterraneo. I volumi del Sapere sono disposti su undici piani, per una superficie di 45.000 mq.

Quattro piani sono stati scavati nel sottosuolo, mentre sette convergono verso il cielo. I testi tradizionali sono conservati nei piani inferiori, nei piani superiori sono disposte le scienze moderne, l’hight-tech e le discipline spaziali. E’ importante rilevare la disposizione dei volumi, che simboleggia l’incontro tra il passato e il presente, tra storia antica e moderna, quest’ultima sempre in evoluzione.

All’entrata due musei attendono i visitatori: il primo è dedicato ai quindici reperti archeologici scoperti durante la realizzazione delle fondazioni, l’altro museo è dedicato alle scienze moderne e precisamente all’evoluzione tecnologica.

La parete sud della Biblioteca è in granito, la pietra preferita dai faraoni, con incisi i quattromila caratteri che rappresentano tutti gli alfabeti del mondo. E’ normale pensare che se la Biblioteca si fosse mantenuta integra nei secoli, oggi si saprebbe qualcosa in più di quei popoli a noi quasi sconosciuti.

La biblioteca fa affidamento unicamente su donazioni per l’acquisizione dei volumi e, in rapporto a questo, il quesito che taluni si sono posti è se l’intera operazione abbia avuto ragione di essere avviata in presenza di più urgenti progetti a carattere sociale da affrontare che interessano l’area egiziana, la quale, viene ricordato, deve ancora fare i conti con un notevole tasso di analfabetismo (riguardante il 41% della popolazione femminile ed il 17% di quella maschile).

È stato suggerito a tal proposito che una maggiore priorità avrebbe potuto essere dedicata allo sviluppo di programmi educativi tesi a favorire uno sviluppo della lettura nel paese piuttosto che a creare una struttura spropositatamente ambiziosa. (Michel Arseneault, Alexandria, from papyrus to the InternetThe Unesco Courier 52, no. 4 (aprile 1999): pagg. 41-42 – Unesco.org).

Chi erano i novaziani

Novaziano (220 circa – 258) è stato un presbitero e teologo romano, fondatore del movimento dei Novazianisti, che si creò Papa dal 251 al 258. Gli autori greci, papa Damaso I e Prudenzio lo indicarono con il nome di Novatus.

Nel 249-251, la persecuzione contro i cristiani ordinata dall’imperatore Decio aveva creato un vuoto di potere nella Chiesa Cristiana: il 20 Gennaio del 250 era stato martirizzato il papa San Fabiano, e la sede vacante durò per più di un anno. In questo periodo la Chiesa fu gestita da diversi presbiteri, uno dei quali era lo stesso Novaziano.

Nel marzo del 251 la Chiesa Cristiana decise di nominare il nuovo papa, Cornelio, un aristocratico romano d’idee moderate.

Noviziano, che ambiva al seggio di San Pietro, si fece eleggere papa (o meglio antipapa) da tre vescovi, fatti venire dagli angoli più lontani dell’Italia e immediatamente dichiarati decaduti dal loro ruolo da Cornelio, che reagì scomunicando Noviziano.

All’inizio sembrava che la situazione prendesse solamente la piega di uno scisma, ma ben presto si delinearono i contorni di un’eresia, quando Noviziano si pronunciò sui lapsi (caduti), coloro i quali avevano negato la fede cristiana durante la persecuzione dei cristiani.

lapsi si dividevano in:

  • Libellatici, che si erano procurati documenti che attestavano, falsamente, che avevano sacrificato agli dei romani.
  • Sacrificati, che avevano veramente sacrificato agli dei.
  • Turificati, che avevano bruciato l’incenso agli dei.
  • Traditores, che avevano consegnato le Sacre Scritture alle autorità romane.

Molti vescovi, tra cui Cipriano di Cartagine, scelsero una procedura con penitenza per la riammissione dei lapsi nella Chiesa, ma Noviziano era per il rifiuto d’ogni compromesso.

Per lui, la Chiesa doveva negare il perdono, una facoltà concessa solo a Dio, sia ai lapsi, che a coloro che avevano commesso peccato mortale (idolatria, omicidio e adulterio), anche se facevano penitenza.

Noviziano morì nel 257 ca in seguito alle persecuzioni dei cristiani da parte dell’imperatore Valeriano: nello stesso periodo (258) morì anche Cipriano di Cartagine.

I seguaci di Novaziano chiamarono se stessi katharoi, o Puri, termine usato, poi, nel medioevo dai catari ed erano soliti chiamare la Chiesa Cattolica ApostaticumSynedriumCapitolinum.

Essi si stabilirono in ogni provincia, e in alcuni luoghi furono persino molto numerosi. Se Novaziano aveva rifiutato l’assoluzione agli idolatri, i suoi seguaci estesero questa dottrina a tutti i “peccati mortali” (idolatria, assassinio e adulterio o fornicazione). Ebbero sempre un successore di Novaziano a Roma e, dappertutto, furono governati dai loro vescovi.

Bibliografia:

  • John Toland, Ipazia. Donna colta e bellissima fatta a pezzi dal clero, a cura di F. Turriziani Colonna, Firenze, Clinamen, 2009.
  • J. Bregman, Synesius of Cyrene (1982)
  • Chr. Lacombrade, Synesios de Cyrène. Hellène et Chrétien (1951)
  • J. H. W. G. Liebeschuetz, “Why Did Synesius Become Bishop of Ptolemais?”, Byzantion, 56 (1986) pp. 180–195.
  • T. Schmitt, Die Bekehrung des Synesios von Kyrene (2001)
  • Damascio, Vita Isidori.

Foto di copertina: Charles William Mitchell – La morte di Ipazia – 1885, conservato alla Laing Art Gallery di Newcastle upon Tyne. (Pubblico dominio).

Charles William Mitchell (Newcastle upon Tyne, 1854 – 1903) è stato un pittore inglese. Il suo dipinto più noto è Hypatia (Ipazia) del 1885 che raffigura la filosofa greca e pagana Ipazia (IV-V secolo) nuda di fronte all’altare di una chiesa cristiana nei momenti che precedono il suo assassinio.

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Anna Abbate
Archeologa, consulente informatica e web design freelance. Nata a Napoli, si occupa dal 1971 di Information Tecnology dopo essersi formata alla IBM come Analista Programmatore. Dopo una vita vissuta nel futuro ha conseguito la Laurea Magistrale in Archeologia presso l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa”. Divide il suo tempo tra la passione per l’informatica e la ricerca storica. Con alcuni amici archeologi ed antropologi ha fondato nel 2011 il “Gruppo Archeologico Kyme”, associazione di promozione sociale, della quale attualmente è presidente, organizzando giornate di valorizzazione e promozione del patrimonio storico-archeologico e delle tradizioni dedicate soprattutto alle scuole. Si occupa, in particolare di Napoli e del territorio flegreo. Ha pubblicato i libri "Da Apicio... a Scapece (Valtrend Editore, 2017), "Biancomangiare... il Medioevo in tavola" (Valtrend Editore, 2018).

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