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Classis Misenensis

Le tradizioni navali del golfo di Napoli, lungo le coste che vanno dalla penisola flegrea a quella sorrentina, possono farsi risalire all’antichità romana.  

Ricordiamo il motto sul cartiglio dello stemma cittadino di Amalfi, la prima delle repubbliche marinare: Descendit ex Patribus Romanorum (Discende dai padri dei Romani).

A radicare queste tradizioni ha influito la presenza della Classis Misenensis nei Campi Flegrei, la maggiore e più potente delle flotte imperiali romane.

La costituzione della flotta misenense

L’ammiraglio Marco Agrippa, comandante delle flotte imperiali romane, per consentire ad Ottaviano di vincere tre guerre marittime (la Sicula, la Dalmatica e l’Aziaca),  aveva realizzato, nel 37 a.C., ex novo il Portus Iulius a Baia per costruire e allestire tutte le navi necessarie e per addestrare i relativi equipaggi.

Ottaviano, il futuro Augusto, dopo la vittoria navale di Azio comprese che, per preservare la pace sulla terra e sul mare, occorreva dotare Roma di forze armate permanenti.

Così, le navi vittoriose furono ripartite in due flotte destinate a proteggere entrambi i versanti della penisola: in Adriatico le navi vennero accolte dalla laguna di Ravenna, nel Tirreno la scelta ricadde sul porto naturale di Miseno, adatto ad accogliere una base navale permanente.

Pur se, apparentemente, le due flotte si equivalessero,  quella misenense era certamente la più importante data la vicinanza con Roma e la stretta relazione con le lussuose ville marittime dei nobili romani nel Golfo di Napoli.

La flotta aveva almeno 88 navi, infatti, da forti epigrafiche[1] se ne conosce il numero: una esareme, una quinquereme, 12 quadriremi, 53 triremi, 13 liburne e 8 altre unità di tipo non precisato.

Trireme romana in un affresco di PompeiMANN

La base navale di Miseno

Agrippa scelse Miseno per costruire il porto della flotta militare, «il più bel porto naturale che si avesse su tutta la costa della Campania»[2], collegato con un breve canale navigabile all’omonimo lago costiero, utilizzando la soluzione adottata in precedenza per il Portus Iulius, destinato ormai a scopi commerciali[3].

Accanto alla base navale si sviluppò la cittadina marinara di Misenum, per rispondere  alle esigenze della flotta.

Di tutte le costruzioni ancora oggi sono visibili  le terme (in proprietà Cudemo), il tempio di Augusto (destinato al culto del genio dell’imperatore e dei suoi predecessori divinizzati) a cura del collegio degli Augustali .

Sacello degli Augustali, Miseno.

I resti delle strutture portuali oggi sono sommersi ad una profondità di oltre 4 meri a causa dell’abbassamento della costa.

Sono ancora i due moli frangiflutti su arcate, rispettivamente attestati su Punta Terone e Punta Pennata, dotati di bitte e anelli d’ormeggio.

È tuttora visibile sott’acqua oltre mezzo chilometro del tratto settentrionale delle banchine, corredato di numerose bitte di grandi dimensioni.

A Punta Sarparella sono visibili alcune costruzioni presumibilmente pertinenti alla residenza del praefectus classis, il comandante in capo della flotta.

Il porto, la base navale e la cittadina di Misenum.

La base navale, certamente, doveva essere dotata di caserme e mense per gli equipaggi, alloggi per gli ufficiali, navalia per il rimessaggio delle unità, depositi armi, cantieri navali e arsenali, uffici amministrativi, magazzini e officine, oltre a una scuola per i classiari: la Schola armaturarum o Militum Schola, da cui è derivato il toponimo Miliscola.

A Miseno la Grotta della Dragonara, una grande cisterna  d’acqua, forniva di acqua la flotta anche se la maggiore riserva idrica per le esigenze della Classis Misenensis era assicurata dalla colossale Piscina Mirabile[4], la più imponente delle cisterne romane conosciute, interamente scavata nel tufo e alimentata dal grande acquedotto augusteo del Serino.

Le forze navali romane

Anche non vi erano grandi flotte nemiche all’orizzonte, Augusto comprese l’importanza di mantenere attive forze navali efficienti per prevenire il pericolo di invasioni dal mare.

Visto che le armate di terra erano appena sufficienti a tenere a bada le turbolenze nelle aree di confine, era indispensabile una presenza navale dissuasiva per il controllo delle coste.

Impegni operativi del tempo di pace

Il controllo del mare e dei porti serviva a garantire la libertà di navigazione, e la sicurezza dei traffici marittimi, ed anche per l’amministrazione delle province e per la coesione dell’impero.

La Classis Misenensis vigilava anche sulle aree marittime più sensibili, con ovvia precedenza alle ville imperiali, sulla costa ( Civitavecchia, Ladispoli, Anzio, Astura, Circeo, Sperlonga e nel golfo di Napoli) e sulle isole (Pianosa, Ponza, Ventotene e Capri).

Comunque il più importante ruolo svolto dalle navi di Miseno in tempo di pace è la scorta navale agli imperatori.

La presenza di una caserma a Roma dei classiari di Miseno viene motivata con l’impiego dei Misenati per la manovra del velario del Colosseo, affidata alla classis per la destrezza dei marinai, come la partecipazione alle naumachie e alle regate dei periodici giochi nautici.

Il velarium, sullo sfondo dell’Ave, Caesar, morituri te salutant, visione artistica di Jean-Léon Gérôme.

Il personale

Fin Augusto il comando delle flotte imperiali era affidato a praefecti, uominidel-l’aristocrazia italica e il livello più elevato era affidato al comandante della Classis Misenensis.

Gli equipaggi erano formati da uomini liberi arruolatisi fra i 17 e i 23 anni, per una ferma di 26 anni.

Gli arruolati, alcuni con la cittadinanza latina o romana, altri erano stranieri che al momento dell’arruolamento ricevevano la cittadinanza latina  e assumevano un nome romano.

Al momento del congedo ricevevano la cittadinanza romana e il diritto di sposare le proprie compagne, fornendo una rispettabilità che insieme al bagaglio di competenze professionali acquisite presso la flotta, consentiva un ottimo inserimento nella società civile locale.

Soccorso navale

Nelle situazioni di gravi calamità Roma non ha mai esitato ad andare in soccorso ai  bisognosi.

Si conoscono molti articolari della più ardita operazione di soccorso navale mai effettuate in tutti i tempi.

Gaio Plinio Secondo (‘il Vecchio’), comandante in capo della Classis Misenensis, durante la catastrofica eruzione del 79, avendo ricevuto un messaggio  con una richiesta di aiuto inviata da Rectina, una matrona che abitava in una villa marittima ai piedi del Vesuvio, salpò da Miseno con le sue quadriremi per procedere alla evacuazione di coloro che si trovavano in pericolo sulla costa vesuviana.

Lo spettacolo offerto dal vulcano era terrificante, infatti dalla bocca del vulcano s’innalzava una colonna eruttiva immensa che raggiungeva altezze inimmaginabili oscurando il cielo.

Una  fitta pioggia di cenere calda, pomici e lapilli ricadeva in mare.

La disciplina dei marinai della flotta era tale che continuarono con compostezza e professionalità a dirigersi un pericolo terribile.

A una a una le navi si dirigevano verso la costa a prelevare i fuggiaschi, lasciando poi a terra la propria imbarcazione per raggiungere il luogo di sbarco e tornare a imbarcare gli altri in attesa.

L’ultima quadrireme a toccare terra era la nave ammiraglia, approdò a Stabia, ove Plinio perse la vita, ma già migliaia di persone erano state messe in salvo, inclusa forse la stessa Rectina.

La foto di copertina: La battaglia di Azio del 31 a.C. raffigurata da Lorenzo A. Castro (1672) (Libero dominio).

Tutte le immagini sono nel Pubblico Dominio.

Bibliografia

[1] V. CHAPOT, La flottede Misène. Son histoire, son recrutement, son régime administratif, E. Leroux, Paris 1896, pp. 2 e 11.

[2] A. MAIURI, I Campi Flegrei: dal sepolcro di Virgilioall’Antro di Cuma, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato. Libreria dello Stato, Roma 1981.

[3] M. PAGANO, M. REDDÉ, J.M. RODDAZ, Recherches archéologiques et historiques sur la zone du lac d’Averne, in «Mefra».

[4] W.A. OWENS, High Seas: The naval passage to an uncharted world, Naval Institute Press, Annapolis 1995.

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Anna Abbate
Archeologa, consulente informatica e web design freelance. Nata a Napoli, si occupa dal 1971 di Information Tecnology dopo essersi formata alla IBM come Analista Programmatore. Dopo una vita vissuta nel futuro ha conseguito la Laurea Magistrale in Archeologia presso l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa”. Divide il suo tempo tra la passione per l’informatica e la ricerca storica. Con alcuni amici archeologi ed antropologi ha fondato nel 2011 il “Gruppo Archeologico Kyme”, associazione di promozione sociale, della quale attualmente è presidente, organizzando giornate di valorizzazione e promozione del patrimonio storico-archeologico e delle tradizioni dedicate soprattutto alle scuole. Si occupa, in particolare di Napoli e del territorio flegreo. Ha pubblicato i libri "Da Apicio... a Scapece (Valtrend Editore, 2017), "Biancomangiare... il Medioevo in tavola" (Valtrend Editore, 2018).

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