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Il magico, il rituale e la logica combinatoria in Giovanni Battista Della Porta. VI Parte

In realtà dal cannocchiale di Galileo , costruito con un oculare negativo che dà direttamente immagini orientate come gli oggetti, si potevano vedere distintamente solo immagini lineari,cioè terrestri e marine. Rivolto verso il cielo le cose si complicavano e non poco. Di qui le sollecitazioni di Keplero che con quel tipo di cannocchiale metteva in dubbio che Galilei potesse aver scoperto i satelliti di Giove. Siccome la risposta tardava a venire, anzi per sua ammissione, Galilei non disponeva di una teoria della luce, Keplero l’anno successivo nel Dioptrice chiarì definitivamente la questione costruendo il Telescopio, un cannocchiale astronomico.Non stiamo qui  ad entrare nello specifico (le aberrazioni ottiche, in particolare cromatiche) per cui era estremamente improbabile che Galileo col suo cannocchiale potesse vedere chiaramente i corpi celesti ( le sue prime descrizioni dei satelliti di Giove e le fasi lunari sono in realtà estremamente lacunose). Tutta la questione è affrontata in modo risolutivo da P.K. Feyrabend nell’opera citata per cui rimando alla sua opera e a quella di L. Geymonat, nonché a Vasco Ronchi., Storia del cannocchiale.

Quel che interessa è che obiettivamente la prima chiara descrizione del meccanismo delle lenti ottiche è attribuibile a G. B. Della Porta sulla cui base Keplero definì a sua volta la visione e la diottrica geometricamente.(si veda illustrazione).E non fu un caso perché sempre a Della Porta si attribuisce la prima, e definitivamente chiara descrizione a stampa del meccanismo della visone, servendosi della camera oscura come esperimento: ”Di qui (dopo aver descritto l’esperienza della camera oscura) ai filosofi e ai medici si rende manifesto in quale regione degli occhi si formi la visione, e ha termine la questione così contrastata dell’intromissione : intromettiamo infatti una piccola immagine attraverso la pupilla, a guisa di finestra e la piccola parte del grande globo posto  in fondo all’occhio tenga il posto dello specchio” (Magiae naturalis,1558). Manca solo l’indicazione del rovesciamento delle immagini nella parte senziente dell’occhio. Ma intanto si chiarisce definitivamente che l’immagine non proviene da un impetus interno, come pure veniva sostenuto. 

Dunque dentro questo conflitto di attribuzione e dentro questa tensione della ricerca si veniva a chiarire ciò che sinteticamente la scienza moderna e contemporanea implica come una situazione fisica, fisiologica e psicologica che coinvolge una sfera della semiologia d’interpretazione di un fenomeno: l’occhio, come organo della percezione, lo spazio di evenienza, la luce e l’immagine che quando è messa a fuoco viene catturata e riflessa attraverso una nube di atomi costituenti i corpi materiali  che emettono radiazioni rappresentabili come elettromagnetiche.Si definisce in questo modo il campo di percezione in cui il soggetto è in realtà anche oggetto di una relazione visiva in un campo di vibrazioni elettromagnetiche. Quindi un campo di perceptum. Un campo di energia percepita, catturata da un senziente. Mi pare evidente l’analogia se non la coincidenza con la fenomenologia buddista della percezione.

Non è il soggetto che conosce ma è una relazione di un campo di sollecitazione alla percezione, in cui è il veduto ad esser visto. A rigor di termine quindi non esiste, il soggetto,l’oggetto della visione, ma solamente il campo di esperienza della visione. La visione dunque è un evento che coinvolge uno spazio esperenziale. Tutto qui. Tralasciamo una cosa che non andrebbe tralasciata, ma che per comodità  noi rappresentiamo come sciolta da qualsiasi implicazione metodologica in questo momento pur non essendo così: il fatto che questo campo, quindi compreso il soggetto e l’oggetto, siano in realtà esso stesso/essi stessi campi di induzione energetica.Si legga a questo proposito il bellissimo argomento di Erwin Straus che nel lontano 1935 così descrive questa esperienza influenzando decisivamente la svolta fenomenologica di Edmund Husserl.: “La percezione richiede, come ogni conoscenza, un mezzo oggettivo generale.Il mondo percettivo è un mondo di cose con proprietà fisse e mutevoli in uno spazio e in un tempo generali e oggettivi…Lo spazio del mondo della sensazione sta allo spazio della percezione come il paesaggio sta alla geografia.” (Del senso dei sensi .Berlino, 1935). E’ il veduto ad essere visto.

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Vincenzo Crosio
Vincenzo Crosio è nato a Napoli nel ‘50. È scrittore, poeta, saggista. È stato rettore del Seminario teologico politico di Salsomaggiore Istituto Sobozan, Fudenji. insegnante relatore all'Istituto Filosofico di Napoli, specializzato nella Interpretazione dei testi antichi tra Oriente ed Occidente. È stato editorial board di Scienze e ricerche, su cui ha pubblicato saggi di epistemologia semantica, antropologia e filosofia, tra cui importantissimi contributi sulla civiltà della Campania antica e dei Campi Flegrei.

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