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Il Castello aragonese di Ischia: una cittadella

Il Castello Aragonese di Ischia è stato già soggetto di un mio articolo del 22 aprile 2020 dedicato a Vittoria Colonna: Vittoria la poetessa del Castello Aragonese di Ischia.

Continuiamo la nostra passeggiata nel borgo antico di Ischia Ponte, il primo centro abitato dell’isola, conosciuta come Borgo di Celsa sin dalla fine del 1300 grazie alle piante di gelso che la ricoprivano.

Ancora oggi, “Ponte” conserva il fascino e le caratteristiche del tipico borgo mediterraneo di pescatori.

Gli abitanti del luogo hanno vissuto tutta la vita all’ombra del Castello Aragonese, che sovrasta il borgo come una vera e propria cittadella.

L’isola d’Ischia rappresenta la cima di un vulcano alto circa 900m dal fondo del mare.

Ha una superficie di 46 km2 e un’altezza massima di 787 m s.l.m., in corrispondenza del M. Epomeo.

Non si conosce l’inizio dell’attività vulcanica ma le più antiche rocce affioranti testimoniano di una serie di eruzioni risalenti a 150.000/74.000 anni fa.

Nel febbraio 1302 un cratere apertosi in zona Fiaiano produsse emissione di lava per circa due mesi, generando una colata (Colata dell’Arso) che raggiunse il mare in prossimità dell’attuale porto, distruggendo l’antico centro urbano.

Dopo questa violenta eruzione tutta la popolazione del borgo di Celsa si rifugiò nel Castello Aragonese.

Il popolo iniziò ad abbandonare il castello nella seconda metà del Settecento, cessato il pericolo dei pirati, trasferendosi nei vari comuni dell’isola per curare meglio le attività economiche principali: la coltivazione della terra e la pesca.

Nel 1823 Ferdinando I, re delle Due Sicilie allontanò gli ultimi 30 abitanti e trasformò la fortezza in un carcere per ospitare i cospiratori contro il Regno delle Due Sicilie, tra i quali Carlo Poerio, Luigi Settembrini ed altri.

Nel 1860 Ischia fu annessa al Regno d’Italia e il carcere politico fu soppresso.

L’8 giugno 1912 il castello fu venduto dal demanio, con un’asta privata, e da allora i privati ne curano i restauri e la gestione. Il castello è aperto al pubblico ed è una meta turistica.

La fede al castello

Le strutture abitative occupano una parte minima della superficie dell’isolotto, che è per lo più occupato da ruderi, orti e vigneti.

Le costruzioni originali per lo più sono state distrutte sotto la dominazione francese nei primi dell’ottocento e, in seguito, dall’incuria e dall’abbandono fino all’acquisto dell’isola da parte di una famiglia ischitana.

Gli eredi di questa famiglia oltre alle poche stanze dove vivono hanno intrapreso una campagna di restauri che hanno interessato la parte monumentale anche se molte strutture sono ancora in rovina.

Il castello ospitava molte Chiese che rendevano viva la vita di fede degli abitanti. Oggi la maggior parte sono solo ruderi e gli arredi e le opere sono distribuite tra la Cattedrale e il museo Diocesano.

Chiesa di San Pietro a Pantaniello è abbastanza ben conservata. A pianta esagonale con ampie finestre che le danno luce, forse fu edificata da Jacopo Barozzi detto “il Vignola”.  Venne edificata per volere di Dionisio Basso nel 1547 che si accollò le spese purché la chiesa fosse destinata al figlio Pompeo ordinato sacerdote. Fu aperta al culto nel 1564.

Chiesa di Santa Maria delle Grazie detta anche dell’Ortodontico. Donna Costanza Carretta nel ‘500 vi fece costruire una congrega destinata ai pescatori. Prese il nome di Madonna della Punta per la sua posizione a picco sul mare.

Chiesa della Madonna della Libera, di proprietà della famiglia Calosirto, dalla quale discende Carlo Gaetano che diverrà poi San Giovan Giuseppe della Croce, del XII secolo. La popolazione scampata all’eruzione del Rotaro volle dedicarla alla Madonna della Libera. Nella chiesa era esposta una tavola di Antonio Cutaneo dove si vede la Madonna che pare spinga la lava. Oggi questa tavola è conservata nella Cattedrale moderna.

Chiesa dell’immacolata  costruita nel 1737 in sostituzione di una cappella precedente dedicata a San Francesco. Fu voluta dalla badessa Battista Lanfreschi ma l’impegno economico fu molto gravoso tanto che le religiose del convento si indebitarono e furono costrette a vendere tutta l’argenteria. Oggi la Chiesa, restaurata nel 1980, è un luogo deputato a mostre, convegni e concerti.

Convento di Santa Maria della Consolazione fu fondato nel 1574 da Beatrice Quadra che donò il suo palazzo alle religiose dopo la morte del marito. Vi alloggiarono 40 monache tutte provenienti da famiglie nobili. Gioacchino Murat nel 1809 trasformò il convento in padiglione militare. Negli ambienti sottostanti è ancora oggi presente l’ossario delle suore. Oggi il convento è stato trasformato in un albergo,

La cattedrale dell’Assunta dopo l’eruzione dell’Arso del 1301 fu edificata su una cappella preesistente che assunse funzioni di cripta. Quasi completamente distrutta dai bombardamenti dell’ammiraglio Nelson, in origine era una struttura basilicale a tre navate coperte da volte a crociera e una zona absidale chiusa da una cupola a sesto ribassato. Ai lati della cattedrale vi erano numerose cappelle che ospitavano le salme delle famiglie nobili. Fino al ‘700 ne erano 7 appartenenti alle famiglie Taliercio, De Masellis, De Turris, Monti, Lanfreschi e Pappacoda. Tra le tombe anche quella di Giovanni Cossa padrone di Ischia e Procida.

Negli ultimi anni è stata oggetto di diversi restauri, in particolare la cripta gentilizia, dedicata inizialmente a San Pietro, risale al XII secolo ed è costituita da un ambiente centrale con volte a crociera e sette cappelle laterali con volta a botte decorate con figure di santi e stemmi nobiliari risalenti al XIV e XVIII secolo.

Il tutto è ormai molto corrotto ma all’interno della Cattedrale è possibile immaginare lo sfarzo che caratterizzò  il matrimonio tra Vittoria e Ferrante  e la quiete dal quale la Colonna trasse ispirazione per i suoi sonetti più belli.

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Anna Abbate
Archeologa, consulente informatica e web design freelance. Nata a Napoli, si occupa dal 1971 di Information Tecnology dopo essersi formata alla IBM come Analista Programmatore. Dopo una vita vissuta nel futuro ha conseguito la Laurea Magistrale in Archeologia presso l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa”. Divide il suo tempo tra la passione per l’informatica e la ricerca storica. Con alcuni amici archeologi ed antropologi ha fondato nel 2011 il “Gruppo Archeologico Kyme”, associazione di promozione sociale, della quale attualmente è presidente, organizzando giornate di valorizzazione e promozione del patrimonio storico-archeologico e delle tradizioni dedicate soprattutto alle scuole. Si occupa, in particolare di Napoli e del territorio flegreo. Ha pubblicato i libri "Da Apicio... a Scapece (Valtrend Editore, 2017), "Biancomangiare... il Medioevo in tavola" (Valtrend Editore, 2018).

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