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Simona Giglio: l’artista ed i mille volti dello “scarabocchio”

L’arte e lo scavo psicologico-emotivo

In un mondo pervaso dall’abuso tecnologico, dove il contatto umano si riduce ai minimi termini, l’arte si fa propaganda di emozioni, umanità. È ciò che si legge dalle opere di Simona Giglio, artista napoletana e fautrice dello “scarabocchio”.  La pittrice napoletana prima ancora di conseguire il diploma al Liceo Artistico si era resa già nota partecipando ad una serie di collettive, partecipazione divenuta più intensa a partire dal 2013 quando inizia gli studi presso l’Accademia di Belle arti di Napoli. Terminati gli studi la sua poetica prende forma sfociando nella creazione dello “scarabocchio”.

“L’esperienza artistica della napoletana Simona Giglio è una ricerca sull’interazione empatica e psico-grafica tra artista e pubblico- afferma la curatrice Sara Fosco-  proprio perché partendo da svolazzi del pubblico sulla tela, l’artista crea opere in cui anatomie stilizzate e colorate geometrie si contendono uno spazio artistico emozionale, dove l’andamento del tracciato altrui è interpretato in forme d’inclusione emotiva”

Assistiamo ad un ribaltamento del processo artistico: l’osservatore , quale ordinario punto di arrivo di un’opera, diventa punto di partenza tramite lo scavo interiore dell’artista. La pittrice infatti si rende strumento mediante il quale viene fuori  la profonda intimità dell’osservatore che si sente nudo davanti a quella tela che un attimo prima era spazio vuoto. È il bianco che si tinge di emozioni, sensazioni, utopie che in nessun altro modo potrebbero essere rappresentate. È il senso artistico abbinato ad una profonda empatia che squarcia la tela con tutto il suo estro.

“La soddisfazione più grande- afferma la Giglio- è sentirmi dire che l’opera l’hanno creata loro provando questo senso di profonda appartenenza. Ed è vero: io senza i loro scarabocchi non traccerei nessuna figura, la tela sarebbe vuota e non esisterebbe nessun dialogo verso l’intimo con l’ignoto”.

Lo scarabocchio è il non detto che si fa pensiero per ritornare ad essere immagine pura, priva di ragionamento: è tutta intimità, afflato poetico, lo scarabocchio semplicemente “è”.

In un mondo dove tutto è etichettato, tutto è ragionato e tecnologico l’artista si pone l’obiettivo di ripristinare il vero essere di ognuno ,spesso mascherato da fumose apparenze, labili confini che solo chi è dotato di una profonda sensibilità riesce a varcare. Per questo Simona Giglio, proprio mediante la sua arte, trasforma l’ignoto in immagine tangibile che al tempo stesso sfugge alla comunicazione verbale.

Lo scarabocchio è stato peraltro analizzato nella tesi “Il flusso di coscienza nella metodologia dell’arte”.  della studentessa dell’Accademia di Belle Arti di Napoli Mariarosaria Calabrese. La candidata ,nel ripercorrere la storia dell’arte, fitta di autorevoli personaggi dediti all’elemento psicologico quale motore primo dell’opera d’arte, termina il suo percorso facendo riferimento all’ analisi dello scarabocchio della Giglio “come punto di partenza per i suoi dipinti con l’intento di instaurare un rapporto di condivisione ed interattività con lo spettatore”.

L’intervista

Qual è il suo primo ricordo legato alla pittura?

“Il mio primo ricordo è legato a mio nonno. Egli dipingeva: insieme a lui aprivamo gli scatoli di cartone per divertirci con i colori. “

Quali sono gli artisti che hanno profondamente segnato il suo percorso artistico?

“Sicuramente Leonardo per la sperimentazione, Modigliani e Schiele per le loro linee e gli Studio Azzurro per la loro interattività. Infine Kandinsky per il suo rapporto tra musica e colore, due elementi che formano un perfetto connubio nella realizzazione dello scarabocchio.”

Come nasce l’idea dello scarabocchio?

“L’idea di utilizzare lo scarabocchio mi è venuta quando circa sette anni fa, ero sotto la doccia e nell’osservare i miei capelli trovavo delle figure, suc­cessivamente cercai un modo per poter avere lo stesso risultato su carta e il sistema che ho trovato è quello dello scarabocchio”.

Nel 2018 lei è stata selezionata per la biennale di Napoli, ma pensando in prospettiva qual è il suo sogno nel cassetto?

“Il mio sogno nel cassetto è insegnare ed aprire uno studio per realizzare collettive ed eventi.”

La parola si fa da parte per lasciare spazio alla profondità dell’essere: è quello che l’artista Simona Giglio ci vuole comunicare; mettendo al centro la sua empatia rifugge dalle etichette e si fa propaganda di un mondo perduto degno di essere riscoperto. È il mondo della spontaneità,dell’autenticità, della verità;lo scarabocchio è un viaggio, la sua poetica una barchetta che sprofonda in un mare di emozioni: solo chi ha voglia di salirci è disposto a conoscere realmente se stesso.

    

 

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Martina Bruna Chiaiese
Nata a Napoli nel 1994. Fin da bambina è sensibile al mondo della cultura e della scrittura. Ha frequentato il Liceo Classico Antonio Genovesi grazie al quale matura un grande interesse per la lingua e la letteratura italiana e inglese. Si iscrive all’Università degli Studi di Napoli L’Orientale e nel 2017 consegue la laurea in Lingue, Lettere e Culture Comparate nelle lingue inglese e cinese. Attualmente frequenta il corso di Laurea Magistrale in Lingue e Civiltà Orientali approfondendo lo studio della lingua, la storia, l’archeologia e la letteratura cinese. In ambito giornalistico si occupa della coordinazione del quotidiano on-line L’Osservatorio Flegreo ed è direttore della testata QuiCampiFlegrei. La sua passione è lo sport.

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