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“Terra”, al Castello di Baia un’installazione teatrale di Pako Ioffredo

Nell’ambito del Napoli Teatro Festival Italia 2019, diretto da Ruggero Cappuccio, va in scena Terra – un’installazione teatrale, per la regia di Pako Ioffredo in prima nazionale il 25 e 26 giugno alle 21 al Castello di Baia – Museo Archeologico dei Campi Flegrei.

Il progetto

“Questa prima fase del progetto teatrale multimediale Terra” – scrive Pako Ioffredo – “nasce dall’urgenza di narrare, di ritrovare l’identità perduta di uno dei territori più belli dei Campi Flegrei, Pozzuoli, di riscattare la storia e la lingua dei nostri antenati. Raccontare il sogno di un popolo e la sua storia, di viaggi diventati esili permanenti, di un mare che bagna, culla e talvolta spazza via ogni brandello di speranza.”

Il Rione Terra, l’antica rocca puteolana, chiusa da quasi 50 anni a seguito dello sgombero del 1970, rivive attraverso antiche storie, rianimato dal respiro rivitalizzante di una nuova generazione che proverà a rendere universale ciò che di più intimo e profondo segna la vita di ogni uomo. Da un mucchio di pietre chiuse e delimitate da cancelli arrugginiti dal tempo, si accede così a un mondo inaccessibile di bellezze celate, di speranze perdute, di verità nascoste molte volte, dietro grandi bugie e lingue deformi. Saranno i ricordi, gli affetti, il risveglio dei sensi e la memoria l’elemento di congiunzione tra ieri e oggi.

Terra è un percorso di ricostruzione della memoria e di creazione artistica che si articola in più momenti e due fasi: dalla raccolta di testimonianze e materiali, all’elaborazione di una scrittura per una drammaturgia della memoria; dalla produzione di materiali multimediali e sonori, alla messa in scena finale. Il primo movimento – Terra, un’installazione teatrale – viene presentato il 25 e 26 giugno 2019 al Castello di Baia – Museo Archeologico dei Campi Flegrei, nell’ambito del Napoli Teatro Festival Italia 2019.

La creazione finale di “Terra” debutterà nella stagione teatrale 2019/2020.

Il Rione Terra

Nel 529 a.C., sbarcano sulla rocca antica gli esuli dell’isola di Samo e fondano Dicearchia, che diventa nel 194 a.C. colonia romana con il nome di Puteoli e quella rocca ne diventa il cuore pulsante. Dal 400 d.C. questa acropoli inizia a “stratificarsi”: le culture si succedono, edificano i loro monumenti, le loro botteghe, le loro abitazioni e si identificano con questa rocca di una “terra” sul mare che un tempo fu cinta da mura romane. Fino agli anni ’60 il “Rione Terra” – così fu ed è chiamata l’antica rocca – era ancora il centro popolare della città. Il passare dei secoli aveva ormai nascosto le costruzioni di epoca romana. Il 2 marzo del 1970 la rocca viene evacuata a seguito di uno dei tanti, frequenti, sciami bradisismici. La popolazione verrà esiliata e per sempre in periferia. Da qual momento in poi la rocca sarà abbandonata, resa terra desolata.

Il Castello di Baia – museo Archeologico dei Campi Flegrei

Da una rocca all’altra, il primo movimento dell’installazione teatrale, Terra, avrà come sede il Museo Archeologico dei Campi Flegrei nel Castello di Baia. Edificato tra il 1490 e il 1493 dagli Aragonesi e ingrandito tra ‘500 e ‘700 durante il viceregno spagnolo, il Castello domina la vetta del promontorio che chiude a sud il golfo di Baia. Un ambiente suggestivo e dall’alto valore storico e culturale.

«Riappropriarsi dell’anima delle cose: è da questa urgenza che nasce “Terra”. Proveremo a tracciare il legame esistente tra esilio e appartenenza, collocazione o dislocazione geografica e coscienza poetica. Daremo voce a quei luoghi millenari che oggi tentano di sopravvivere, eco di racconti, leggende, miti e specchio delle nostre radici. Parleremo della nostra identità di puteolani, o di quello che ne resta, partendo dall’esilio come opportunità, come condizione produttiva di nuovi modelli culturali, svincolandoci dal sentimento nostalgico del lutto per la patria perduta e aprendo a potenzialità costruttive fatte di relazioni che si intrecciano, nuovi modelli culturali e linguistici, ma soprattutto riscoprendo il nostro essere comunità.
L’unica strada per farlo è confrontarci con il nostro passato». Così dalle note di regia di Pako Ioffredo.

«Ospitiamo un’installazione teatrale particolare nel suo genere, dal profondo valore sociale, oltre che artistico – dichiara Paolo Giulierini, direttore del Parco archeologico dei Campi Flegrei – un viaggio demo-etnoantropologico, caratteristica che mi ha affascinato. L’esilio di una popolazione diventa il punto di partenza e di forza, attraverso un ricercato linguaggio emotivo e di immagini, per scoprire nuove mete e per riscoprire le proprie origini».

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Redazione
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