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“Pullecenella” L’archetipo del teatro

A fine febbraio è carnevale e i bambini (ed anche qualche adulto) si vestiranno dei costumi dei propri eroi. Certamente la scelta cadrà sui supereroi della Marvel o su principesse, pirati.

LE DATE DEL CARNEVALE 2019:
– Giovedì grasso: 28 febbraio
– Domenica di Carnevale: 3 marzo
– Martedì grasso: 5 marzo
– Mercoledì delle Ceneri: 6 marzo

Il carnevale è una delle feste più popolari del mondo e alcune località creano eventi che attirano milioni di turisti: vedi il Carnevale di Rio de Janeiro in Brasile, quello di Venezia, quello di Viareggio, Cento, Ivrea.

Il termine Carnevale, forse, deriva dalla locuzione latina Carmen levare che significa “privarsi della carne” in riferimento all’ultimo banchetto che si teneva prima della Quaresima e quindi nel “martedì grasso” che precedeva il “mercoledì delle ceneri. Quindi la festa è tipica dei Paesi a tradizione cattolica.

Le origini della festa si fanno risalire ai Saturnali, ciclo di festività della religione romana che si svolgevano dal 17 al 23 dicembre, dio della fertilità e quindi della vita.

Durante i Saturnali vi erano alcune usanze che si ripetono ancora oggi, come l’uso delle maschere.

La maschera, si indossa per ricoprire interamente o parzialmente il viso è utilizzata fin dalla preistoria per rituali religiosi, ad esempio in Cisgiordania è stata ritrovata una maschera in pietra datata 9000 anni fa attualmente conservata all’Institut catholique, Musée Bible et Terre Sainte a Parigi.

La maschera aveva varie funzioni: religiosa, funeraria, culturale.

Ad esempio vedi la maschera funeraria di Agamennone in oro, trovata nella tomba V a Micene da Heinrich Schliemann (1876), XVI secolo a.C. Museo Archeologico Nazionale, Atene.L’uso delle maschere nel teatro inizia in grecia e poi passa in altri territori e a Roma.

Nel teatro greco le maschere avevano la funzione di caratterizzare il personaggio e per amplificare la voce e rendere più udibili i dialoghi.

Il teatro osco, una forma di teatro diffuso nel centro Italia prima della conquista romana usava caratteri fissi per i personaggi rappresentati da maschere.

Nel teatro romano la maschera era scura per rappresentare il sesso maschile e bianca per quello femminile. I tratti somatici erano esagerati per essere comprensibili anche dal pubblico più lontano.

In Italia sono nate molte maschere di carnevale regionali con origini diverse, prese dal teatro dei burattini, dalla Commedia dell’arte, da tradizioni arcaiche.

In Campania, e a Napoli, in particolare, il carnevale è una festa molto amata, si usa mangiare chiacchiere e sanguinaccio. Le chiacchiere napoletane sono delle sottili strisce di pasta fritta ricoperte da zucchero a velo, mentre il sanguinaccio è una crema di cioccolato fondente. In antico si usava aggiungere anche sangue di maiale, ma oggi (e dico fortunatamente) il sanguinaccio è composto solo da cioccolato.

La maschera napoletana conosciuta comunque in tutto il territorio italiano è Pulcinella.

Nel bel libro “Pullecenella: L’archetipo del teatro”, l’autore, Ciro De Novellis, compie un viaggio molto ben documentato sull’origine delle maschere e in particolare sulla maschera di pulcinella.

Le origini di Pulcinella sono antiche, alcuni lo fanno discendere da “Pulcinello”, un piccolo pulcino per il naso adunco.  Alcuni sostengono che lo abbia inventato un contadino di Acerra, Puccio d’Aniello, nel ‘600 che si era unito come buffone ad una compagnia di girovaghi.

Margarete Bieber, studiosa di archeologia e storia del costume antico, sostiene che Pulcinella discenda da Maccus, personaggio delle Atellane romane (IV secolo a.C.), servo dal naso lungo e dalla faccia bitorzoluta con guance grosse, con ventre prominente, che indossava una camicia trasformata in una veste larga e bianca.

Dalla Commedia dell’arte Pulcinella è passato al teatro dei burattini, di cui è diventato uno dei personaggi più importanti, archetipo di vitalità, anti-eroe ribelle e irriverente, alle prese con le contrarietà del quotidiano.

Per la prima volta pulcinella fu introdotto sul palcoscenico di un teatro da SIlvio Fiorillo alla fine del seicento. in origine, la maschera di Fiorillo indossava un cappello bicorno (diverso da quello attuale “a pan di zucchero”) e portava barba e baffi.

Ma l’immagine moderna  di Pulcinella fu inventato nell’Ottocento da Antonio Petito (Napoli, 22 giugno 1822 – Napoli, 24 marzo 1876), un attore teatrale e drammaturgo italiano.

Fu un celebre Pulcinella, uno degli interpreti più capaci e apprezzati della famosa maschera teatrale.

Foto di Giuliano Longone. Viviani Pulcinella in Siamo tutti fratelli da Antonio Petito 1941

Sono campane anche le maschere di Tartaglia e di Scaramuccia, anch’esse maschere della Commedia dell’arte.

Esistono altre maschere meno famose nate per rappresentare la vivacità di un popolo che, con danze e riti, celebrava il passaggio dal vecchio al nuovo anno, ad esempio la “Vecchia ‘o Carnevale”, una Vecchia dal viso grinzoso e deforme con un corpo giovane e prosperoso, con una gobba alla schiena, sulla quale porta Pulcinella, che balla e a suona  le nacchere, dette “castagnelle”.

Pulcinella con una tonaca bianca indossa una testa di anziana donna fatta di stoffa imbottita e dotata di finte braccia che mostrano di reggere le gambe atte di paglia o stoppa, si ha l’impressione che Pulcinella sia a cavalcioni sopra di lei.

A Pozzuoli, ci racconta spesso il Maestro d’arte Antonio Isabettini, al Rione Terra, veniva festeggiato “Il carnevale di Pappariello”.

Scrive Antonio Isabettini:

 Il “Carnevale di Pappariello” si svolgeva sul rione Terra e in parte del Centro Storico. Vi abitava un fruttivendolo di cognome De Felice, ma, meglio conosciuto con il “contranomme” di Pappariello.
Costui, nell’ultimo giorno di Carnevale, ovvero il Martedì delle Ceneri, magari dopo qualche bicchierino di vino, si stendeva sul suo carretto, vestito a festa, un po’ di borotalco sul volto ed assumeva la posizione di un morto, disteso, senza muovere ciglio. Il “carro funebre” veniva cosi trascinato dai ragazzi dell’antico quartiere per i vicoli e piazzette del Rione Terra , seguito da donne piangenti che gridavano al cielo…“E’ muort’ Carneval’! …E’ muort’ Pappariell’!”. Il corteo funebre continuava poi il suo percorso in piazza con varie soste…
Era la “morte di Carnevale” che ha una sua spiegazione storica come la pantomima della “Vecchia di Carnevale” e sarebbe lungo da illustrare. Le nostre tradizioni stanno scomparendo, questa fu rappresentata per l’ultima volta, appunto 50 anni fa.

 

 

A tutti quelli che amano il Carnevale, grandi e piccini: BUON DIVERTIMENTO!

 

 

Le immagini sono tutte prese dal libero dominio.

La foto di copertina: Scena di genere con personaggi carnevaleschi, tra cui un Pulcinella. Giuseppe Bonito (1707-1789). Conservato al Museo di Capodimonte, Napoli.

 

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Anna Abbate
Archeologa, consulente informatica e web design freelance. Nata a Napoli, si occupa dal 1971 di Information Tecnology dopo essersi formata alla IBM come Analista Programmatore. Dopo una vita vissuta nel futuro ha conseguito la Laurea Magistrale in Archeologia presso l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa”. Divide il suo tempo tra la passione per l’informatica e la ricerca storica. Con alcuni amici archeologi ed antropologi ha fondato nel 2011 il “Gruppo Archeologico Kyme”, associazione di promozione sociale, della quale attualmente è presidente, organizzando giornate di valorizzazione e promozione del patrimonio storico-archeologico e delle tradizioni dedicate soprattutto alle scuole. Si occupa, in particolare di Napoli e del territorio flegreo. Ha pubblicato i libri "Da Apicio... a Scapece (Valtrend Editore, 2017), "Biancomangiare... il Medioevo in tavola" (Valtrend Editore, 2018).

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