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Sybillae, dall’Asia Minore a Cuma

Sibylla dicitur omnis puella cuius pectus numen recipit“. Si chiama Sibilla ogni fanciulla che accoglie la potenza divina nel suo petto. (Servio Honoratus, ad Aeneidos, III 445 ca D.C.).

Le Sibille erano vergini, pensate a volte come giovinette e a volte come vecchie incartapecorite, che, quando erano ispirate, quasi possedute, da Apollo rivelavano il futuro.

In Grecia non si trova alcuna traccia nella religione olimpica della sibilla, ma, la sua figura si è sviluppata con l’influsso del culto di Dioniso, caratterizzato dalla possessione demonica.

A Delfi nasce anche la figura della Pizia, influenzata dalla stessa possessione di Dioniso. Ma, mentre la Pizia ha una manifestazione più determinata e più controllata, la Sibilla ha una maggiore libertà d’ispirazione non essendo legata a nessun santuario. 

La Sibilla, profetessa di sciagure, è molto popolare soprattutto dal popolo che è sempre preoccupato del male che può colpirlo ed ascolta con piacere chi, dopo averglielo prospettato,  gli suggerisce anche il modo di evitarlo.

La Sibilla con bocca delirante dice cose di cui non si ride, non abbellite, non profumate e con la sua voce oltrepassa mille anni per il divino che è in lei. “. (Eraclito. frammento 92, in Hermann Diels).

Le manifestazioni della Sibilla sono quasi sempre associate a una fonte sacra o a un antro.

L’enciclopedia Treccani propone un elenco di sibille (rif. http://www.treccani.it/enciclopedia/sibilla_%28Enciclopedia-Italiana%29/)

1. Sibilla Eritrea, nata a Eritre dove si mostrava la grotta dove era nata. Contemporanea della guerra di Troia, aveva vissuto dieci generazioni. Il suo nome è Erofile.
2. Sibilla di Marpesso forse è la stessa di quella eritrea sia per il nome (Erofile) che il luogo di manifestazione  (Marpesso presso Eritre). È detta anche Gergitica, Troiana, Ellespontica, Frigia.
3. Sibilla di Samo chiamata Phyto. Forse vissuta nella XXIX Olimpiade, cioè ai tempi di Numa.
4. Sibilla Frigia localizzata in Ancira, con il nome di Taraxandra.
5. Sibilla di Sardi, detta anche Efesia, è uno sdoppiamento di Erofile come la seguente.
6. Sibilla Rodia.
7. Sibilla Delfica. Accanto a una tradizione che faceva venire Erofile da Eritre a Delfi in contrasto con Apollo, si creò una Sibilla indigena chiamata Dafni, che avrebbe assistito l’oracolo prima della venuta di Apollo (Diod., IV, 66).
8. Sibilla Tessalica; è una specificazione della delfica.
9. Sibilla di Tesprozia, localizzata in Epiro nel golfo ambracico, ma non meglio identificabile.
10. Sibilla Cumana. È la più nota, grazie a Virgilio. Essa è in fondo la Sibilla Eritrea portata a Cuma dai coloni ionici e diventata, grazie a circostanze favorevoli, tra cui prima di tutte la sua relazione con Roma, indipendente, fino ad assumere un suo nome proprio, Demo o Demofile (in Virgilio Deifobe).
11. Sibilla Cimmeria. È in sostanza la stessa che la Cumana, ma proiettata molto più innanzi negli anni.
12. Sibilla Italica.
13. Sibilla Tiburtina; entrambe sono specificazioni della Sibilla Cumana.
14. Sibilla Libica. Pausania la dà come la più antica di tutte e Varrone la pone come seconda nel suo elenco: ma in realtà è nominata per la prima volta da Euripide.
15. Sibilla Egizia; è certamente identica alla precedente; Pausania la identifica con la Caldaica.
16. Sibilla Persica. Non si ha di lei nessuna notizia speciale; è identificata con la Caldaica.
17. Sibilla Caldea o Babilonese. Sconosciuta a Varrone. È venuta in voga grazie allo sviluppo preso dall’astrologia caldea nel mondo ellenistico. È detta anche Ebraica; il suo nome è Saba o Sambete.

“Ibis redibis non morieris in bello” è uno degli oracoli sibillini più conosciuto e famoso. Priva di punteggiatura la frase può essere interpretata iin due modi diversi: “Andrai tornerai, non morirai in guerra” oppure “Andrai non tornerai, morirai in guerra”.

Oggi, utilizziamo il termine “sibillino”  per indicare documenti, circolari, leggi, frasi che risultino fuorvianti, poco comprensibili, ambigui come  enigmatici e misteriosi erano i responsi della Sibilla.

La più antica prova dell’influenza ellenistica nel mondo romano è l’uso dei libri sibillini penetrato a Roma da Cuma, famosa per il culto d’Apollo e la presenza della Sibilla.  Un Tarquinio, etrusco, secondo Varrone si tratterebbe di Tarquinio Prisco (in Lact., Inst., I, 6), mentre  Plinio ritiene sia Tarquinio il Superbo (Nat. Hist., XIII, 88) avrebbe acquistato detti libri da una vecchia.

Si narra che una vecchia avrebbe offerto al re nove libri ad un prezzo esorbitante e ad ogni rifiuto da parte del re ne avrebbe bruciato tre. Alla fine il re avrebbe fatto collocare gli ultimi tre da lui comprati nel tempio di Giove Capitolino dove un’apposita commissione li avrebbe presi in custodia e li avrebbe consultati (libros adire, libros inspicere) dietro invito del Senato.
Purtroppo andarono distrutti nell’incendio dell’83 a. C., allora il Senato inviò ambasciatori nei luoghi famosi per essere dimora di Sibille (Tac., Ann., VI, 12), ma questi tornarono con un migliaio di versi di dubbia provenienza che furono, comunque, depositati nel tempio di Apollo Palatino per volere dell’imperatore Augusto.

Già dal II secolo a. C. negli ambienti ebraici romanizzati furono ravvisate alcune affinità tra le profezie scritte nella Bibbia  e i vaticini delle Sibille, in seguito, con la diffusione del Cristianesimo nel mondo mediterraneo, i Padri della Chiesa si convinsero che le predizioni delle veggenti pagane contenessero lontane previsioni della venuta Gesù Cristo. E così, l’antica letteratura cristiana (Agostino, Varrone, Giustino e Lattanzio) favorì l’assimilazione delle Sibille che furono poste sullo stesso livello dei Profeti.

A partire dall’XI secolo le sibille hanno ispirato l’arte cristiana giungendo persino nel cuore dei palazzi pontifici. Normalmente sono raffigurate come la controparte femminile dei profeti; il più famoso esempio sono le sibille raffigurate da Michelangelo negli affreschi della volta della Cappella Sistina o all’Appartamento Borgia, dove dodici Sibille sono affrescate in coppia con altrettanti Profeti.

Nella chiesa parrocchiale di Tauriac, un piccolo comune francese della valle della Dordogna, nel dipartimento del Lot, in Occitania dedicata a Saint-Martial, tra gli altri affreschi che decorano la chiave di volta, che riporta la data del 1549, ci sono dodici figure di sibille accompagnate dai cartigli con le loro profezie che collegano le storie di Adamo ed Eva alla incarnazione, passione, morte e risurrezione di Gesù.

Le foto delle “Sibille di Tauriac” sono gentilmente messe a disposizione dall’autore Carlo Finocchietti.

Carlo Finocchietti dirige a Roma un’agenzia europea specializzata nella mobilità accademica internazionale e nel riconoscimento dei titoli di studio esteri. I suoi interessi di ricerca e le sue pubblicazioni si concentrano sull’internazionalizzazione dei sistemi universitari, l’orientamento professionale e i rapporti tra università e industria. Camminatore appassionato e curioso ha esplorato e descritto in diversi volumi intriganti percorsi escursionistici legati alla memoria storica dell’Italia centrale.

 

Ringrazio il Prof. Ciro Mattei per aver concesso l’uso di alcune immagini del bellissimo documentario “Terra Mossa” realizzato da lui per un progetto di alternanza scuola-lavoro nel 2017. L’immagine di copertina è tratta dal documentario.

Scrive il Prof. Mattei: Questo lavoro non ha la presunzione di essere una guida turistica e neanche un saggio di storia, di iconografia o di leggende antiche è qualcosa di più modesto. Un atto d’amore, verso una terra trascurata e dimenticata. Non ci sono corsie di ospedali, o storie locali di bullismo e neppure migranti in fuga o storie di quartieri a rischio sociale. Piuttosto bellezza, tanta bellezza armata per vincere l’indifferenza che può essere più distruttiva di mille vulcani. Il documentario, con finalità educative e divulgative, realizzato con una classe del Liceo Economico Sociale Seneca di Bacoli – M. di Procida si inserisce in quel processo di sensibilizzazione dei giovani al recupero di una rinnovata consapevolezza verso i beni comuni concretamente vissuta attraverso la voce di attivisti e progetti in essere che puntano alla costruzione partecipata di un modello di sviluppo sostenibile e basato sulla valorizzazione dell’imponente Patrimonio Archeologico, Paesaggistico, Naturalistico, Storico, attualmente ancora inespressa.

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Anna Abbate
Archeologa, consulente informatica e web design freelance. Nata a Napoli, si occupa dal 1971 di Information Tecnology dopo essersi formata alla IBM come Analista Programmatore. Dopo una vita vissuta nel futuro ha conseguito la Laurea Magistrale in Archeologia presso l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa”. Divide il suo tempo tra la passione per l’informatica e la ricerca storica. Con alcuni amici archeologi ed antropologi ha fondato nel 2011 il “Gruppo Archeologico Kyme”, associazione di promozione sociale, della quale attualmente è presidente, organizzando giornate di valorizzazione e promozione del patrimonio storico-archeologico e delle tradizioni dedicate soprattutto alle scuole. Si occupa, in particolare di Napoli e del territorio flegreo. Ha pubblicato i libri "Da Apicio... a Scapece (Valtrend Editore, 2017), "Biancomangiare... il Medioevo in tavola" (Valtrend Editore, 2018).

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